QUALITA' E CAPITALE INTELLETTUALE

Cosa si intende per capitale intellettuale?

Partiamo dalla definizione di Thomas A. Stewart per analizzare la risorsa più importante delle nostre organizzazioni.

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Un tempo si era soliti prendere in considerazione il capitale solamente in termini fisici, cioè sotto forma di stabilimenti, attrezzature e denaro. Ora, invece, studi e ricerche mirano a comprendere meglio la risorsa più impalpabile, sfuggente, mobile e importante di tutte: il capitale intellettuale.

In maniera un po' grossolana e approssimativa, il capitale intellettuale può essere definito come la capacità intellettiva collettiva dell'organizzazione. Nelle economie sviluppate, il passaggio dalle risorse fisiche a quelle intellettuali quali fonti della creazione di ricchezza è già ben avviato.
Nel suo libro "Intellectual capital: the New Wealth of Organization", Thomas A. Stewart, membro del comitato di redazione della rivista "Fortune", sostiene che "i cambiamenti in corso hanno la stessa importanza di quelli che si verificarono all'epoca della Rivoluzione Industriale".

"La conoscenza è diventata il fattore più importante della vita economica", dice Shewart. "Essa è la principale componente di tutto ciò che comperiamo e vendiamo, la materia prima con la quale lavoriamo. E' il capitale intellettuale, non le risorse naturali, i macchinari o anche il capitale finanziario, a costituire l'unica risorsa indispensabile delle imprese".
"Il capitale intellettuale", afferma Shewart, "rappresenta il materiale mentale, conoscenze, informazioni, proprietà intellettuale, esperienza, di cui ci si può servire per creare ricchezza. E' capacità intellettuale collettiva".

La nuova "economia della conoscenza", sostiene Shewart, "presuppone anche la fine del management come lo conosciamo". L'ascesa del "knowledge worker" (termine introdotto da Peter Drucker al fine di descrivere il professionista manageriale intelligente, caratterizzato da un elevato grado di formazione che valorizza i propri meriti e contribuisce al successo dell'organizzazione) modifica radicalmente la natura del lavoro del management. I manager sono i custodi, proteggono le risorse aziendali e se ne prendono cura. Se le risorse sono intellettuali, il lavoro del manager cambia.
I capi non hanno più un bagaglio di conoscenze superiore a quello dei lavoratori, di conseguenza la logica della piramide manageriale (un gruppo ristretto di individui che dice cosa fare ad un gran numero di altre persone) è ridondante.

Buona parte del ruolo tradizionale dei manager è fondato su quello che è diventato famoso come taylorismo, dal nome di Frederick Taylor, l'ingegnere industriale che all'inizio del secolo scorso pose le basi dell'organizzazione scientifica del lavoro (management scientifico).

Taylor individuava il limite del capitale intellettuale nelle modalità in cui il management organizzava il lavoro manuale. Non vedeva nei lavoratori altro che le componenti di una macchina che veniva fatta funzionare dal management.
I knowledge worker del giorno d'oggi, invece, sono molto di più che semplici ingranaggi di un meccanismo. Il cambiamento sta nel fatto che il valore aggiunto fornito da questi lavoratori non deriva dalle macchine che fanno funzionare ma dalle applicazioni delle loro conoscenze.

Da tutto ciò deriva che il modello professionistico di struttura organizzativa dovrebbe soppiantare quello burocratico. Ma allora cosa rimane ai manager? La risposta è che il solo ruolo legittimo per i manager riguarda i compiti della leadership, i valori aziendali, la vision, l'epowerment delle risorse e il coaching.

L'intelligenza diventa una risorsa quando si mette ordine al libero fluire della capacità intellettiva. Il capitale intellettuale è conoscenza appositamente confezionata per gli altri. In tal modo, un indirizzario, un database o un processo possono essere trasformati in capitale intellettuale se qualcuno all'interno dell'organizzazione decide di catalogare, condividere e sfruttare ciò che nelle modalità operative dell'azienda presenta caratteri di esclusività e di particolare importanza.

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Generalmente, il capitale intellettuale si divide in tre categorie:

  • capitale umano: è la conoscenza implicita, ciò che si trova nella testa dei dipendenti;
  • capitale relativo alla clientela: riguarda il riconoscimento del valore delle relazioni esistenti fra l'azienda e i suoi clienti;
  • capitale strutturale: è rappresentato dalla conoscenza trattenuta all'interno dell'organizzazione e che può essere trasferita ai nuovi dipendenti (processi, sistemi, politiche, ecc.)

In "Managing for the Future", Peter Drucker osservava: "D'ora in poi il punto chiave è la conoscenza. Il mondo sta cambiando, non è più caratterizzato da una forte intensità di lavoro, di materie prime o di energia ma da elevato contenuto di conoscenza".

Skandia, compagnia d'assicurazioni svedese, ha nominato un responsabile del capitale intellettuale e molte altre aziende stanno seguendo le sue orme. E in Italia?

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