LA LEADERSHIP

di Staff di QualitiAmo

Parliamo di leadership

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Definire la leadership

Che cos'è la leadership e chi possiamo definire un leader?
Di definizioni di leadership e leader sono pieni i libri, i video degli esperti, i siti, persino i quotidiani. Ce ne sono molte, forse persino troppe. Questo non significa che siano sbagliate ma, semplicemente, che mai come per questo argomento le definizioni riflettono profondamente il pregiudizio di chi le scrive. Chiarire ciò che un autore considera una "buona" leadership può farci capire molto di lui ma di sicuro altera la nostra comprensione della leadership in generale.

Il fatto che ci siano così tante definizioni differenti di leadership parla dell'aspetto molto umano dei leader ma una buona definizione dovrebbe trovare un riscontro in base a diverse prospettive, dovrebbe creare consapevolezza, includere leader di diversi contesti, non solo quelli che troviamo facili da identificare. La leadership, infatti, riguarda certamente i valori, la visione e i risultati condivisi ed è esemplificata attraverso il lavoro che le persone svolgono, gli atteggiamenti che adottano e il potenziale che realizzano. Tutto, però, inizia con l'intenzione di influenzare gli altri. Se manca questo desiderio profondo, non si diventerà mai leader, anche avendo sulla carta le caratteristiche "tecniche" che servono per diventarlo.

Guidare con l'intelligenza emotiva

Comprendere la leadership

Le competenze richieste ai leader

Buoni leader o cattivi leader?

Passiamo adesso a una riflessione: definire cosa si intenda per "buona" leadership è un compito completamente diverso dal provare a definire che cosa sia la leadership. Definire una "buona" leadership, infatti, è un discorso che può facilmente diventare di parte. Una definizione di leadership, al contrario, dovrebbe essere neutrale rispetto al valore perché un leader non è intrinsecamente buono o cattivo (tranne i rarissimi casi). Diventa buono o cattivo a seconda di come la pensiamo noi che giudichiamo il suo modo di agire. Ci sono, ovviamente, buoni leader e cattivi leader ma questo non toglie che tutti quanti abbiano esercitato la leadership, cioè la forte capacità di guidare ("to lead" in inglese) le persone, portandole a fare qualcosa che stava loro a cuore.
Alcune definizioni puntano il dito sui cattivi leader quasi per dire che persone di questo genere non possono essere considerate dei leader veri e propri ma in questa sede, secondo noi, non dovremmo tentare di dare una definizione in base alle nostre caratteristiche personali ma dovremmo cercare di essere quanto più oggettivi possibile.
I buoni leader e i cattivi leader hanno molto in comune. Come uomini abbiamo la straordinaria capacità di fare cose buone ma anche l'altrettanta straordinaria capacità di fare del male. Armati di questa consapevolezza e degli esempi legati a coloro che hanno tristemente corrotto le persone che guidavano, possiamo apprezzare meglio ciò che si può fare per massimizzare una leadership migliore e minimizzare quella che giudichiamo cattiva. Il problema è che, a volte, le persone tendono a concentrarsi così tanto sullo stile di un leader, sulla sua estroversione, sull'assertività, sulla fiducia che riesce a suscitare, sul contatto visivo che riesce a instaurare, sul linguaggio del corpo, ecc. che tendono a dimenticare di concentrarsi sulla sostanza nascosta sotto tutto questo. Ma non possiamo dare la colpa alla leadership, giusto?

Premesso tutto questo, ci sono sostanziamente due motivi che spingono i leader a voler guidare le persone per realizzare una vision: il primo è che si considera questo ruolo quasi una sorta di ricompensa e una possibilità di migliorare il proprio status, il secondo è la volontà di aiutare gli altri e di migliorare le cose per loro. Se proprio volete, i cattivi leader rientrano nel primo gruppo, quello orientato alla ricompensa: spesso amano stare sotto i riflettori ed essere ammirati, cercano il potere, l'attenzione o il divertimento ma non si preoccupano di farsi carico dei compiti difficili da espletare. I leader che ci piacciono di più rientrano nel secondo, il gruppo orientato alla responsabilità, perché si preoccupano di:

  • formare i leader di domani;
  • gestire al meglio i collaboratori;
  • sostenere anche le conversazioni difficili;
  • correre rischi;
  • comunicare bene

La leadership strategica

Mojo: parliamo di leadership

L'ambiente influenza la leadership: la teoria della contingenza

Leader si nasce o si diventa?

E veniamo adesso alla domanda delle domande: "Leader si nasce o si diventa?".
Gli esperti si dividono ma, secondo la maggioranza, leader si diventa, proprio come si impara a essere genitori o consulenti. Per apprendere i principi della leadership, infatti, bisogna sicuramente studiare ma è fondamentale applicarsi giorno dopo giorno, per un periodo di tempo prolungato. Ma...ricordate? Occorre la volontà fortissima di farsi seguire dalle persone. Se manca questa, è difficile che una persona possa ergersi a leader. Poi, ovviamente, non basta nemmeno voler essere qualcuno per diventarlo ma è un prerequisito senza il quale nemmeno si può partire per il nostro viaggio verso l'apprendimento dei principi della leadership.

Diventare leader

Se leader si diventa, come si fa a compiere questo percorso?
Iniziamo col dire che la leadership è un vero e proprio processo che si sviluppa in tre fasi:

  • creare una visione, stabilire degli obiettivi e impostare una strategia chiedendosi se la propria "vision" sia avvincente per le persone che si vorrebbero trasformare in follower. Il successo come leader richiede una visione audace e avvincente che sia capace di unire le persone e di ispirarle a raggiungere risultati straordinari. La vision deve essere entusiasmante, chiara e semplice e le parti interessate dovrebbero essere coinvolte nella sua creazione;
  • cercare intenzionalmente di influenzare i follower (sia consolidati che potenziali) per far eseguire i vari compiti necessari per realizzare la visione, ricordandosi di fare in modo che ognuno possa esprimere il massimo potenziale. L'implementazione di una strategia forte e misurabile è la chiave per realizzare una visione e deve essere composta da scelte chiave attuabili su cosa fare e cosa non fare per creare un valore distintivo;
  • continuare fino a quando la visione e gli obiettivi non vengono realizzati, ricordandosi sempre di spingere intenzionalmente le persone a fare del proprio meglio per perseguire gli obiettivi

Tutto questo ci spiega che una persona potrebbe essere un incredibile visionario ma non avere le capacità di tradurre in realtà le sue visioni, mentre un'altra potrebbe avere tutte le competenze necessarie, essere influente e fonte di ispirazione per gli altri ma non avere una grande visione da realizzare. Pochissimi hanno o hanno voglia di sviluppare tutti i doni e i talenti che servono per diventare leader.

Leadership e strategia: evoluzione nel tempo

Leadership e miglioramento

Leader e leadership: le caratteristiche

L'evoluzione del concetto di leadership

La leadership, come tanti altri concetti, ha subito una profonda evoluzione nel corso del tempo. Se torniamo indietro alla Rivoluzione industriale, aveva perfettamente senso che un ambiente produttivo si avvalesse di un gruppo di persone che pensava a come organizzare e gestire il lavoro e di un altro gruppo che si limitava a eseguirlo perché, all'epoca, si trattava del modo più efficiente per dare slancio alla rivoluzione che stava avvenendo e per ridurre la variabilità degli output che è proprio ciò che viene richiesto alla produzione.
Quando Henry Ford iniziò a costruire il suo "Modello T", non ebbe bisogno di liberi pensatori ma di operai efficienti che si impegnassero alla catena di montaggio.

E' ovvio che anche oggi puntare a ridurre la variabilità sia uno degli obiettivi delle aziende ma è anche vero che i tempi sono cambiaìti e che senza variabilità non si migliora perché non si innova e non si cresce.
Nella realtà di oggi il cambiamento ci accompagna sempre e abbiamo la necessità di abbracciare la variabilità se non vogliamo restare indietro rispetto alla concorrenza. Per questo motivo abbiamo bisogno che le persone che lavorano contribuiscano alla progettazione del loro lavoro e che non ci sia più una così netta separazione tra chi pensa e chi fa.

"Fare" (cioè interagire fisicamente con il mondo con il cervello in modalità più automatica) e "pensare" (esplorare deliberatamente, in modo curioso e aperto a tutte le informazioni, al fine di interpretare il mondo che ci circonda) sono gli elementi costitutivi di base di tutta l'attività umana. Il corretto equilibrio tra queste due attività ci aiuta a raggiungere i nostri obiettivi, guidando l'apprendimento.

Se dovessimo provare a distinguere le attività legate al "fare" (quelle dei follower) e quelle collegate al "pensare" (quelle dei leader), potremmo avere la lista seguente:

Fare

  • Ridurre la variabilità
  • Fare
  • Agire individualmente
  • Dimostrare
  • Puntare ai risultati
  • Basarsi sulla conformità
  • Restringere il campo dell'attenzione
  • Puntare a una gerarchia piramidale
  • Guardare alle esperienze fatte per trarne insegnamenti
  • Proiettare se stessi nel lavoro che si vuole far fare agli altri
  • Concentrarsi sui processi

Pensare

  • Abbracciare la variabilità
  • Decidere
  • Lavorare in team
  • Migliorare
  • Affidarsi alla pianificazione
  • Puntare alla creatiità
  • Sforzarsi di ampliare il più possibile la nostra sfera dell'attenzione
  • Puntare a un'organizzazione con pochi livelli gerarchici
  • Guardare avanti, più che indietro
  • Concentrarsi sugli altri
  • Concentrarsi sulle persone

Due tipologie di leadership

Diventare leader: l'importanza dell'apprendimento continuo

Diventare leader: l'intelligenza emotiva

C'è qualcosa di completamente giusto e qualcosa di completamente errato nelle due liste proposte? Sì e no. La risposta dipende dal periodo storico in cui vogliamo calare le nostre riflessioni, dal contesto in cui si opera, dalla cultura che vige nell'organizzazione di riferimento, ecc. Non bisogna mai innamorarsi dei principi assoluti ma cogliere da ogni idea lo spunto che è possibile applicare nella nostra realtà professionale.
Quello che possiamo sicuramente dire è che oggi risulta quasi del tutto possibile avere leader che pensano e semplici esecutori che svolgono il lavoro perché le organizzazioni hanno bisogno che le due azioni si bilancino a ogni livello della gerarchia organizzativa. "Pensare" trae beneficio dall'abbracciare la variabilità. Per questo è utile fare domande ai propri uomini che li coinvolgano nel processo:

  • "Cosa ne pensi?"
  • "Siamo pronti per questo?"
  • "Cosa potremmo fare di meglio?"
  • "Cosa abbiamo imparato da questa esperienza?"

Un leader calato in un contesto moderno collabora, non costringe quasi mai perché sa che i risultati migliori si ottengono convincendo le persone e fornendo loro un esempio. I capi che sopprimono il dissenso e spingono ossessivamente per il consenso, difficilmente diventeranno dei leader perché non puntano alla collaborazione ma alla coercizione mascherata da collaborazione.
Pensare semplicemente di aver ragione e che siano i collaboratori a dover cambiare il loro modo di pensare è un atteggiamento che spesso non paga. Una scelta decisamente più intelligente è quella di raccogliere i pensieri e le opinioni di tutti i collaboratori prima di esprimere un'opinione perché, così facendo, si otterrà il duplice vantaggio di essere certi di non aver trascurato nessun aspetto della questione e di aver convinto i collaboratori che la loro opinione è importante.

Aforismi sulla leadership

La leadership: intervento di un utente di QualitiAmo

Terminologia della Qualità: lo stile della leadership

Per chi voglia adottare una leadership di stampo più moderno è importante concentrarsi sull'apprendimento sviluppando ipotesi da testare piuttosto che decisioni da far semplicemente eseguire. Invece di concentrarsi sul "Cosa faremo?" è importante creare una mentalità che punti al "Cosa impareremo?" Periodi più brevi di azioni legate solamente al "fare" aumentano l'apprendimento ma riducono la produttività, mentre accade l'inverso per le azioni legate al "pensare". E' ovvio, quindi, che per esercitare una buona leadership serva un equilibrio tra i due atteggiamenti cercando di capire se si opera in ambienti, circostanze, contesti, periodi storici denominati da elevata incertezza e imprevedibilità, nei quali è sicuramente più importante "pensare" che "fare", oppure no e imparare a bilanciare le proprie azioni in tal senso.

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