OBIETTIVI E ORGANIZZAZIONI

Cosa deve fare un'organizzazione per formulare al meglio i suoi obiettivi?


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Le organizzazioni hanno spesso molta fantasia nel formulare i loro obiettivi. Facciamo qualche esempio:

  • "Aumenteremo la nostra quota di mercato in Sud America dal 7 all'8,5%"
  • "Il prossimo anno ridurremo gli scarti del 5%"
  • "Il nostro management si assicurerà che tutti i dipendenti siano felici di lavorare qui e che non abbiano la voglia di andarsene"

Quando nel mondo degli affari si formulano obiettivi di medio o lungo termine si parla di identificazione dell'obiettivo e di sviluppo di una strategia. Il compito principale del top management, di conseguenza, diventa quello di preparare l'organizzazione al cambiamento rappresentato dai nuovi obiettivi formulati tramite una visione strategica.

In linea di principio, l'organizzazione è libera dil decidere un obiettivo, le possibilità sono illimitate, ma anche se ci fossero le risorse e la volontà di raggiungere tutti questi obiettivi simultaneamente, le aziende sarebbero costrette a concentrarsi su una sola opzione o su un paio al massimo. Nel caso in cui più obiettivi sembrassero interessanti, bisognerebbe - quindi - decidere su quale concentrarsi e dove, di conseguenza, allocare le risorse, restringendo il campo delle scelte.

Questo percorso all'interno di una serie teoricamente illimitata di possibilità prende il nome di "goal setting" o, per dirla in italiano, di "definizione degli obiettivi".

Decidere di lavorare per il raggiungimento di un obiettivo implica sempre la rinuncia al raggiungimento di un altro, almeno nell'immediato. Stabilire gli obiettivi, quindi, implica sempre un drammatico restringimento dell'orizzonte di un'organizzazione.

Si potrebbe pensare che gli obiettivi servano per focalizzare l'attenzione di un'azienda su una manciata di aspetti chiave, tenendo fuori tutto il resto. In questo senso, si può fare riferimento alle strategie e agli obiettivi come a dei veri e propri "paraocchi" di un'organizzazione come li definì Luhmann nel 1973. Proprio come i cavalli hanno un campo visivo estremamente ampio grazie alla collocazione laterale dei loro occhi, così le organizzazioni hanno la possibilità, almeno in linea di principio, di espandere i propri orizzonti quasi quanto lo desiderano. E proprio come i paraocchi impediscono ai cavalli di distrarsi guardando troppo dietro o di lato, così la definizione degli obiettivi impedisce alle organizzazioni di essere confuse da una pletora di altre possibilità.

Gli obiettivi prevedono che i mezzi per il loro raggiungimento vengano stabiliti e dedicati. Un orizzonte ristretto ha - quindi - un'altra funzione estremamente importante, quella di concentrare le forze dell'organizzazione sul raggiungimento di un singolo obiettivo e di mobilitarsi per pensare a quali siano i mezzi più idonei per realizzare l'operazione.

Il detto "Il fine giustifica i mezzi" ha un senso, dopo tutto, se accettiamo che la funzione degli obiettivi sia quella di mobilitare quanto più possibile il pensiero creativo dell'azienda nella scelta dei mezzi più appropriati per raggiungere uno scopo. In generale, tuttavia, la scelta dei mezzi che possono essere applicati è sempre limitata e dare un'occhiata alle risorse che un'organizzazione considera accettabili per raggiungere un certo obiettivo ci dice molto su di essa e sulla sua necessità di raggiungere un certo traguardo. Come ha ben descritto il sociologo Max Weber, infatti, chi agisce in modo razionale rispetto agli obiettivi che intende raggiungere ne stabilisce il diverso "peso", prende in considerazione i possibili effetti collaterali del loro raggiungimento e seleziona gli strumenti più idonei a conseguirli.

C'è un buon numero di studiosi delle organizzazioni che considerano gli obiettivi così importanti addirittura da pensare alle aziende come a mezzi per raggiungere un fine. Il filosofo e sociologo Theodor Adorno, ad esempio, si riferì alle organizzazioni come ad associazioni deliberatamente istituite e gestite intenzionalmente per raggiungere un certo scopo. Le organizzazioni sarebbero, quindi, associazioni di persone che avrebbero come caratteristica distintiva il fatto di essere state espressamente create allo scopo di raggiungere determinati obiettivi.
Purtroppo, però, non è così semplice. Se è vero, infatti, che gli obiettivi esercitano un effetto significativo sulla struttura delle organizzazioni, essi spesso svolgono un ruolo molto più complicato di quanto certe definizioni di "organizzazione" appositamente orientata al loro raggiungimento suggerirebbe.

Le organizzazioni spesso approvano tutta una serie di obiettivi, il che implicherebbe che essi siano compatibili uno con l'altro e che, addirittura, si sostenessero reciprocamente. Nella realtà, tuttavia, gli obiettivi spesso entrano in conflitto.
Consideriamo, adi esempio, tre obiettivi abbastanza comuni che un'azienda potrebbe decidere di raggiungere contemporaneamente:

  • migliorare i profitti;
  • sviluppare prodotti innovativi;
  • trattare i propri dipendenti al meglio

Questi obiettivi possono essere assolutamente compatibili ma solo in un futuro lontano perché, nel breve termine, sono in concorrenza tra loro. Lo sviluppo di prodotti innovativi tende, infatti, ad abbattere i profitti nel breve periodo e - di conseguenza - diminuisce anche la probabilità di migliorare la situazione economica dei collaboratori e di renderli, quindi, più felici.

Certo, ci sono organizzazioni che perseguono un solo obiettivo alla volta definendolo al meglio e, di conseguenza, ottimizzando ogni decisione al raggiungimento di questo fine in maniera efficace ed efficiente. La maggioranza delle organizzazioni, però, di solito si sforza di raggiungere un gran numero di obiettivi, spesso contraddittori tra loro, e questo le impedisce di essere razionale nell'approccio.

Non tutti gli obiettivi sono formulati in modo così esauriente da rendere chiaro come agire al meglio per raggiungerli. Slogan come "Il cliente è re", "Umanizzare il posto di lavoro", "Massimizzare il profitto" o "Proteggere il nostro ambiente" rappresentano al massimo delle aspettative comportamentali estremamente astratte. La previsione del dettaglio di come agire concretamente è lasciata al singolo, non c'è nessun suggerimento concreto in merito.

La formulazione un po' astratta di certi "obiettivi" (ci si potrebbe riferire ad essi anche come "valori") spesso non è affatto intesa per fornire un insieme di istruzioni chiare su come procedere nei singoli casi ma serve semplicemente a far ottenere all'organizzazione una sorta di accettazione all'interno dell'ambiente in cui opera. Se i dirigenti che operano all'interno di un'economia estremamente capitalista non si mostrano aggressivi affermando che l'obiettivo dell'organizzaizone è quello di massimizzare i profitti, saranno presumibilmente oggetto delle ire degli azionisti. Il risultato è che spesso le aziende si trasformano in vere e proprie macchine per affermare qualcosa e abbracciano ogni valore che sia anche minimamente alla moda ma non hanno la minima intenzione di lasciare che tutto questo influenzi le loro azioni.

Da questo conflitto nascono molti dei problemi che sperimentiamo ogni giorno nel raggiungimento degli obiettivi.

Il problema è che i requisiti per costruire l'accettazione esterna e le necessità interne di poter disporre di istruzioni precise su come procedere spesso si escludono a vicenda e anche se le organizzazioni si sforzano cercando di fare bene in entrambi i campi, questo modo di procedere non funziona. Fare appelli al mondo esterno relativamente al rispetto di certi valori e impostare internamente obiettivi che, chiaramente, entrano in conflitto con essi (o, nella migliore delle ipotesi, sono solo vagamente associati ai valori sbandierati) è un modo di procedere che non paga e che che crea nei collaboratori una grandissima confusione.

Facciamo, allora, un passo indietro.

Se le organizzazioni fossero davvero solo degli strumenti per raggiungere gli obiettivi, allora cesserebbero di esistere una volta raggiunto il loro fine. Sappiamo, invece, che non è così e molti studi, nel frattempo, hanno dimostrato che le organizzazioni continuano ad esistere anche quando hanno compiuto la loro originaria mission. Diventa evidente, quindi, che dopo aver raggiunto il loro obiettivo la motivazione che ne deriva faccia in modo che si individuino ulteriori finalità da raggiungere.

Si potrebbe allora pensare che sopravvivano solamente le organizzazioni che hanno raggiunto il loro obiettivo per mantenerlo nel tempo ma anche questo non è vero perché sopravvivono anche quelle che non hanno centrato lo scopo che si erano date. Una volta che un'organizzazione prende vita, infatti, la sua tenacia e la capacità di generare nuovi obiettivi aiutano spesso anche a superare la delusione che nasce da una chiara incapacità di raggiungere un traguardo.

Secondo la logica, i mezzi servono per raggiungere il fine di un'organizzazione. In pratica, tuttavia, a volte si tende a dimenticare i motivi che sono stati alla base dell'allocazione dei mezzi ed essi stessi cominciano ad essere perseguiti con entusiasmo, come se rappresentassero l'obiettivo e il fine dell'organizzazione. Di conseguenza, ad esempio, la funzione degli esami scolastici non è più quella di un mezzo per permettere agli allievi di monitorare i loro progressi nell'apprendimento ma diventano la ragione stessa dell'apprendimento.

Le organizzazioni prendono costantemente decisioni senza avere sempre ben chiari i motivi che dovrebbero stare alla base delle stesse. Una volta che queste decisioni hanno prodotto un effetto, si iniziano a ricercare gli obiettivi potenziali che potrebbero servire come giustificazione a quanto è stato deciso. Vi sembra strano? In effetti lo è ma risulta anche essere la regola in moltissime aziende! In breve, l'azione spesso precede l'obiettivo e l'annuncio dell'obiettivo è spesso una giustificazione delle misure che sono già state prese.
Secondo alcuni studiosi, il senso di un'azione o di una decisione è spesso costruito con effetto retroattivo perché in genere non si è in grado di scoprire a quale scopo serva un'attività fino a quando questa non è stata eseguita. Il compito del management, dunque, non sarebbe tanto quello di definire obiettivi appropriati e trovare i mezzi per raggiungerli, ma creare il quadro nel quale le molte decisioni prese dall'organizzazione possano essere interpretate e ordinate.

In realtà, come spesso accade, la virtù sta nel mezzo delle due posizioni.
Immaginate che il sogno di chi si approccia alle organizzazioni in maniera razionale si realizzi e, cioè, che ci sia il pieno allineamento dell'azienda a un unico obiettivo. Adesso fatevi una domanda: quale sarebbe il risultato se una persona nella vita reale dovesse abbracciare e dedicare tutta se stessa a un solo obiettivo? Presumibilmente, la ricerca esclusiva e rigida del raggiungimento di un unico obiettivo la farebbe andare in pezzi. L'estrema rigidità può rovinare la vita di una persona, proprio come quella di un azienda. Le persone, però, si rovinano la vita anche perché non hanno la capacità di concentrarsi su un solo obiettivo, almeno per un certo periodo di tempo e anche questo vale per le organizzazioni.

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In pratica, bisogna essere bravi a stabilire gli obiettivi ma anche ad adattarsi quando i risultati non sono quelli attesi o se le circostanze cambiano e impongono un riesame dello scopo che ci siamo imposti di perseguire.
A seconda dei rischi e delle opportunità che si presentano strada facendo, si deve essere in grado di passare da un obiettivo all'altro senza troppe rigidità, così come si deve essere capaci di pensare uno schema che non sia in perpetua balia degli eventi.

Se guardiamo le cose da questo punto di vista, le deviazioni rispetto a un obiettivo non appaiono più essere patologiche ma solo un'espressione della capacità di adattamento dell'organizzazione e un modo per esprimere la sua "intelligenza".

Stabilire obiettivi e concentrarsi su di essi, dunque, ma anche essere in grado di reagire a tutti gli stimoli per cogliere le opportunità, tamponare i rischi e correggere il cammino, strada facendo.

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