IL CAMBIAMENTO ATTRAVERSO PICCOLI OBIETTIVI - SWITCH

Nel cambiamento la dimensione delle soluzioni efficaci è, spesso, inferiore a quella del problema


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"Piccoli obiettivi portano a piccole vittorie e piccole vittorie possono spesso innescare una spirale positiva di comportamento"
(Chip Heath e Dan Heath)

Di cambiamento abbiamo parlato spesso su QualitiAmo perché è un concetto che ha molto a che vedere con la ISO 9001, soprattutto con la sua versione futura che si baserà sui future concepts in cui vediamo trattato, appunto, anche il tema del cambiamento ma anche con la qualità in generale, basti pensare al Kaizen o all'innovazione. Recentemente, abbiamo letto un bel libro che tratta il cambiamento con un taglio interessante e originale e che ribalta anche alcuni punti di vista abbastanza diffusi tra chi si occupa di ISO 9001 e di gestione della qualità. Il libro si intitola "Switch" ed è stato scritto da Chip Heath e Dan Heath, esperti di psicologia del processo decisionale, del cambiamento, dell'innovazione e della collaborazione.

I due autori spiegano che cambiare è estremamente difficile perché il comportamento umano è il risultato di un eterno conflitto tra due sistemi: la ragione e l'istinto. La prima è legata alla nostra parte razionale, quella che analizza, prende le decisioni e pensa al futuro e che dovremmo avere sempre ben presente, almeno nell'ambito lavorativo. La seconda è connessa alla parte emotiva, istintiva, quella che prova dolore o piacere. Del resto, ne parla anche lo psicologo Jonathan Haidt nel libro "Felicità: un'ipotesi" in cui identifica il nostro lato emotivo con un Elefante e quello razionale con colui che lo cavalca, la Guida.

La Guida sembra avere il controllo perché conduce l'Elefante mediante le redini ma si tratta di un controllo precario perché, in realtà, è troppo piccola per contrastare la forza dell'animale. Ogni volta che l'Elefante vorrà andare in una direzione non concordata con la Guida, avrà - ovviamente - la meglio. Per capire meglio di cosa stiamo parlando, ipotizziamo che la vostra Guida decida di alzarsi presto per allenarsi ma che il vostro Elefante non ne voglia sapere e vi spinga a spegnere la sveglia. La Guida può controllare il potente Elefante solo con un grande sforzo e stancandosi. Non bisogna mai mettere, quindi, la Guida in situazioni che tentino l'Elefante.

Se vogliamo impostare un serio progetto di cambiamento a livello personale o lavorativo, bisogna sostenere la Guida che sa pensare e pianificare un futuro migliore ma bisogna anche trattenere l'Elefante che mira a soddisfarsi spendendo meno energie possibili e ad avere una gratificazione piccola ma immediata rispetto a una più grande ma a lungo termine. In più bisogna considerare che la Guida è troppo portata all'analisi dei problemi e che non si concentra quasi mai sulle cose positive e questo è un altro motivo che potrebbe portare a far prevalere dentro di noi l'irrazionale Elefante. La focalizzazione sul negativo, infatti, è un limite perché, per potenziare i successi, occorre anche prestare attenzione a ciò che funziona e non concentrarci solo sui problemi. Facendo un esempio pratico: se nostro figlio torna a casa con un dieci in pagella, quattro nove e un quattro, è sul quattro che - probabilmente - tenderete a concentrarvi, come qualsiasi genitore medio. Fare il contrario, del resto, è del tutto controintuitivo, anche se sarebbe più utile. La Guida tende a ignorare le cose che stanno andando bene per concentrare le sue capacità di analisi e problem solving investendo energie sui problemi, cioè sul lato sbagliato della questione. Per questo bisognerebbe chiedersi quale sia il rapporto tra il tempo che dedichiamo a risolvere problemi e quello che spendiamo per potenziare i nostri successi. Ad esempio, invece di cercare nel nostro team le persone che non stanno facendo del loro meglio e investire energie per supportarle, si potrebbe prima puntare a comprendere le strategie di chi nel team funziona alla grande per poterle condividere con gli altri. Proporre modelli positivi invece di combattere quelli negativi.

Le decisioni sono il punto forte della Guida che, però, impiega energie enormi per scegliere e più opzioni ha davanti, più energia dovrà impiegare. Per questo c'è il rischio che la volontà venga meno e che l'Elefante ci mantenga nello status quo, legati alle nostre routine. La paralisi decisionale è da evitare a tutti i costi se vogliamo cambiare e non dare il controllo all'Elefante, per questo il numero delle opzioni va ridotto all'osso.

Un'altra cosa fondamentale per favorire il cambiamento è presentare all'Elefante un percorso molto chiaro e una descrizione vivida dell'obiettivo che vogliamo raggiungere. Per contrastare la resistenza al cambiamento occorre essere ben chiari in merito a cosa si vuol fare e a dove si vuole arrivare. L'invito a cambiare deve risultare come semplice buonsenso e tradursi in obiettivi a portata di mano. Per questo motivo, secondo gli autori di "Switch" , funzionano meglio obiettivi più emotivi che razionali e SMART.
Due esperti di change management, John Kotter e Dan Cohen concordano sul fatto che i cambiamenti di successo nelle aziende non avvengono secondo la sequenza:

  • analizzare;
  • pensare;
  • cambiare

ma secondo quest'altra:

  • vedere (occorre cercare ciò che nell'organizzazione funziona meglio per provare a clonare i successi, definendo un percorso semplice e chiaro);
  • sentire (le persone possono cambiare solamente se sentono questa necessità e, per riuscire in questa impresa, occorre parlare ai loro sentimenti. Questo è l'unico modo per motivare i loro Elefanti. E' necessario mettere le persone davanti a qualcosa che possano vedere con i loro occhi, in modo da far loro percepire la sensazione che spinge a compiere le azioni necessarie);
  • cambiare

"...Il nocciolo della questione sta sempre nel modificare il comportamento delle persone; e nei casi di maggior successo il comportamento dei collaboratori si modifica quando il management riesce a toccarne il cuore. (...) Negli sforzi di cambiamento più riusciti, i manager trovano la maniera di aiutare i collaboratori a vedere i problemi o le soluzioni con modalità che influenzano anche le emozioni, non solo il pensiero"
(da: "Switch")

Una parte estremamente interessante del libro riguarda il fatto che il cambiamento debba essere reso affrontabile perché l'Elefante odia fare cose prive di un guadagno immediato o che gli sembrano troppo difficili da affrontare. Una buona tecnica che abbiamo visto in passato è, ad esempio, quella dei cinque minuti. Se ci pensate, è la stessa tecnica degli Alcolisti Anonimi che invitano i loro membri a restare sobri nelle successive 24 ore, non per tutta la vita. Un giorno sopo l'altro, un microtraguardo sopo l'altro. Anche lo psicologo Karl Weick, del resto, ha specificato che: "Una piccola vittoria riduce l'importanza ("Non è niente di che"), riduce le pretese ("C'è da fare soltanto questo") e alza i livelli percepiti di abilità ("Almeno questo so farlo")". Tutti e tre questi fattori tenderanno a rendere il cambiamento più semplice e in grado di autoalimentarsi.
In fondo, è un po' quello che esce fuori dal dialogo tra Flash e Batman nel film "Justice League":

Flash (impressionato, dopo aver visto Steppenwolf e i Parademoni):
- Ecco, okay, sì, il fatto è questo, ehm... Vedi, ho paura di insetti... armi... e persone fastidiosamente alte. E omicidi. Non posso stare qui. È molto forte vedere tutti pronti alla battaglia e carichi, ma sinceramente io non so niente di battaglie. Io do solo un colpetto e scappo via!

- Batman: Salvane una.
- Flash: Una?
- Batman: Salva una persona.
- Flash: Quale salvo?
- Batman: Non parlare, non combattere. Entra e prendine una.
- Flash: E poi?
- Batman: Lo saprai.
- Flash: Okay.

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E' bene anche preparare gli Elefanti al fallimento, spiegando loro che è la natura stessa del cambiamento a prevederlo. Occorre spiegare che, per centrare l'obiettivo che ci si è posti, bisogna essere disposti a sbagliare e a ripartire correggendo la rotta e bisogna saperlo in partenza per non perdere la motivazione davanti ai primi problemi che si inconteranno. Non bisogna dimenticare che il fallimento è spesso il modo migliore per imparare e che, per questo motivo, è una sorta di investimento necessario quando si affronta una situazione sconosciuta.

Per cambiare occorrono tre cose:

  • modificare la nostra situazione: basta cambiare ambiente, ad esempio. Questo aspetto è estremamente sottovalutato in ogni processo di cambiamento ma è fondamentale. Le persone non si comportano in un certo modo solo "perché sono fatte così" ma anche "perché si trovano in una certa situazione". Cambiando la situazione, possiamo cambiare il modo in cui le persone si comportano. Facciamo un esempio preso dalla quotidianità di ognuno di noi: stiamo guidando tranquilli, quando vediamo un’auto sorpassare tutti quanti ad alta velocità e in modo decisamente avventato. La prima cosa che ci passa per la mente, probabilmente, non è proprio lusinghiera. Ma potrebbe trattarsi di una persona che ha un’emergenza, cioè da qualcosa che dipende dalla sua situazione e non dal suo carattere;
  • motivazione: quella che sembra pigrizia è, spesso, solo stanchezza. Per motivare occorre coinvolgere la parte emotiva delle persone. Non si sfidano le persone ad implementare la Qualità Totale negli ospedali ma a salvare vite umane;
  • chiarezza: quella che sembra resistenza è, in realtà, mancanza di chiarezza. Le persone fanno la maggior parte delle cose automaticamente, abitualmente e inconsciamente. Per convincerle a fare le cose in modo diverso, occorre modellare il loro percorso, ad esempio non dicendo che bisogna abbattere i costi del processo di acquisto ma che bisogna risparmiare 15000 euro di acquisti entro l'anno

"Un autolavaggio organizzò una promozione basata su una carta fedeltà. Ogni volta che i clienti portavano a lavare la macchina, veniva timbrata una casella della tessera; e alla fine ottenevano un lavaggio gratuito.
Un altro gruppo di clienti dello stesso autolavaggio ricevette una carta fedeltà leggermente diversa. Dovevano accumulare 10 timbri (anziché otto) per ottenere un lavaggio gratis; ma avevano un vantaggio iniziale: al momento della consegna, la carta aveva già due caselle timbrate.
L'obiettivo era il medesimo per entrambi i gruppi di clienti: pagare altri otto lavaggi, ottenere una ricompensa. Ma il contesto psicologico era diverso: in un caso, si era già al 20% della strada verso l'obiettivo, e nell'altro caso si partiva da zero. Qualche mese dopo, solo il 19% dei clienti con le tessere da otto timbri aveva guadagnato un lavaggio gratis, a fronte del 34% dell'altro gruppo (che inoltre impiegava meno tempo per completare la tessera)
Le persone sono più motivate quando hanno già percorso una frazione di un lungo viaggio, che non quando si trovano ai blocchi di partenza di un viaggio più breve.
"
(da: "Switch")

Più un cambiamento è radicale, più andrà ad incidere sull'autocontrollo delle persone. E' un po' come fare pesi: le prime ripetizioni si fanno facilmente perché i muscoli sono freschi ma, dopo un po', la forza si esaurisce. Proseguite per piccoli cambiamenti incrementali e non fate l'errore della maggioranza delle persone che insegue il cambiamento concentrandosi solamente sulla razionalità. Per innescare il cambiamento e farlo proseguire con successo, occorre fare appello al pensiero razionale delle persone ma anche alle loro emozioni perché gli esseri umani pensano in modo razionale ma provano anche emozioni potenti. Bisogna, inoltre, sottolineare e premiare i piccoli successi.

Nel cambiamento la dimensione delle soluzioni efficaci è, spesso, inferiore a quella del problema. Piccole azioni incrementali possono portare a grandi cambiamenti. Se ci pensate, è un po' il concetto alla base del Kaizen. Quando si stabiliscono obiettivi piccoli e visibili e le persone li raggiungono e iniziano a mettersi in testa che possono avere successo. Rompono l'abitudine di perdere e iniziano a prendere l'abitudine di vincere.

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