NON SI CAMBIA SE NON C'E' L'URGENZA

Per sostenere il cambiamento bisogna riuscire a trasmettere l'idea che è urgente farlo

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Le organizzazioni provano da sempre a cambiare, se non altro per trasformarsi in concorrenti significativamente migliori. Che sia tramite l'implementazione della gestione della qualità, la reingegnerizzazione dei processi, un corretto dimensionamento, una ristrutturazione o un cambiamento culturale, l'obiettivo è sempre quello di mutare per migliorarsi e continuare ad essere all'altezza delle aspettative dei clienti. La maggior parte di queste iniziative di cambiamento però, siano esse intese a migliorare la qualità, la cultura o a invertire una spirale mortale per l'azienda, generano solo risultati minori e alcune addirittura falliscono miseramente.

La lezione più importante da trarre da tutti i casi di fallimento del progetto di cambiamento è che questo processo passa attraverso una serie di fasi che, complessivamente, richiedono un notevole lasso di tempo. Saltare i passaggi crea solo l'illusione della velocità ma non produce mai un risultato soddisfacente. Troppi manager non si rendono conto che il cambiamento è un processo, non un evento. Avanza attraverso fasi che si costruiscono l'una sull'altra e che richiedono anni. Saltare qualcuna di queste fasi per accelerare il processo pensando ci prendere una scorciatoia fa fallire tutto quanto.
Una seconda lezione ugualmente importante è che gli errori critici in una qualsiasi delle fasi possono avere un impatto devastante, rallentando lo slancio del progetto e annullando i traguardi conquistati a fatica. Il punto di partenza, quello che possiamo considerare come la prima fase, è stabilire e riuscire a comunicare alle persone un senso di urgenza derivante da un'analisi del mercato e della concorrenza, dall'identificazione di uno stato di crisi reale o potenziale o dalla necessità di cogliere delle opportunità.

La maggior parte degli sforzi tesi a un processo di cambiamento di successo inizia quando i decisori aziendali si impegnano a esaminare attentamente la situazione dell'organizzazione a livello competitivo, le quote di mercato, le tendenze tecnologiche e le performence finanziarie dell'azienda, trovando poi modi per comunicare queste informazioni in modo diffuso e convincente, soprattutto rispetto a una crisi effettiva, a crisi potenziali o a grandi opportunità da cogliere al più presto. Questo primo passo è essenziale perché il solo avvio di un programma di cambiamento richiede la collaborazione effettiva di molte persone e, senza motivazione, le persone non sono di supporto e non si va da nessuna parte. Rispetto ad altre fasi del processo di cambiamento, questa prima fase può sembrare facile ma non lo è affatto. Ben oltre il 50% delle aziende che hanno avviato progetti di cambiamento li hanno visti fallire proprio per colpa di questa prima fase che non era stata affrontata nel modo giusto. Vediamo, allora, quali sono le ragioni di questo fallimento.

A volte i dirigenti sottovalutano quanto possa essere difficile allontanare le persone dalle loro zone di comfort. Altre volte sopravvalutano grossolanamente il successo che hanno già avuto in passato e non si preoccupano di preparare adeguatamente i collaboratori. Infine, possono mancare di pazienza e ritenere che occorra bruciare le tappe senza rispettare i tempi fisiologici del cambiamento o preoccuparsi eccessivamente di eventuali rischi da affrontare tanto da rimanerne paralizzati.

Ovviamente, un senior management paralizzato spesso è indice del fatto che si tratti di persone che non riescono a rivestire il ruolo di leader e che sono decisamente più brave a rivestire i panni dei manager, cioè a minimizzare i rischi e di mantenere in funzione il sistema attuale. Il cambiamento, per definizione, richiede la creazione di un nuovo sistema che, a sua volta, richiede sempre la presenza di una forte leadership. Non è un caso, infatti, che la ISO 9001 per sostenere il cambiamento derivante dall'implementazione di un sistema qualità richieda proprio una forte leadership.
Questa prima fase del processo di rinnovamento in genere non va da nessuna parte fino a quando non si trova un numero sufficiente di veri leader che sia in grado di guidare il cambiamento. Le trasformazioni, infatti, spesso iniziano bene quando un'organizzazione ha un nuovo capo che è un buon leader e che riesce a vedere la necessità di un grande cambiamento.

Se l'obiettivo del cambiamento è l'intera azienda, è fondamentale l'amministratore delegato o il proprietario. Se è necessario un cambiamento in un settore specifico, il direttore di quella divisione sarà fondamentale. Quando queste persone non sono dei nuovi leader, o persone che hanno già dimostrato in passato di avere doti di leadership o di essere naturalmente portate a sostenere il cambiamento nel modo giusto, la prima fase può rappresentare una grande sfida.
Nella prima fase del processo di cambiamento i cattivi risultati aziendali sono sia una benedizione che una maledizione. Se li esaminiamo, infatti, da un punto di vista positivo, perdere denaro attira l'attenzione delle persone e le può convincere della necessità di cambiare ma offre anche meno spazio di manovra. Con buoni risultati aziendali, al contrario, è più difficile convincere le persone della necessità di cambiare ma si hanno più risorse per realizzare i cambiamenti. Che il punto di partenza sia una buona o una cattiva prestazione, comunque, nei casi di maggior successo c'è sempre una persona o un gruppo di persone che facilita una discussione franca su fatti potenzialmente spiacevoli come i nuovi concorrenti, i margini in calo, la quota di mercato in diminuzione, un appiattimento dei guadagni, la mancanza di crescita o altri indicatori che segnalano una posizione competitiva in declino. Poiché sembra esserci una tendenza molto umana quasi universale a prendersela con chi porta cattive notizie, se il capo dell'organizzazione non è un sostenitore del cambiamento i dirigenti a volte scelgono di affidarsi a consulenti esterni che si fanno carico di condividere le informazioni indesiderate. Lo scopo di tutta questa attività è far capire che lo status quo può essere più pericoloso dell'ignoto.

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Quando il tasso di urgenza non è sufficientemente elevato, il processo di cambiamento non può avere successo e il futuro a lungo termine dell'organizzazione viene messo a repentaglio. E' importante che la dirigenza riesca a convincere almeno il 75% del management che rimanere fermi è molto più pericoloso che abbracciare il cambiamento, per quanto sconosciuto sia.

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