APPROCCIO BOTTOM-UP

Cosa si intende per
approccio bottom-up e perché
è così importante?

 

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L'approccio bottom-up (dal basso verso l'alto) è uno stile di management che mira a coinvolgere una rete più ampia di persone rispetto al tradizionale approccio dall'alto verso il basso (top-down) affinché partecipino attivamente ai processi decisionali dell'azienda, ai cambiamenti organizzativi e, in generale, alle strategie aziendali. Questo approccio alla leadership è, solitamente, associato alle strutture organizzative piatte, contrapposte a quelle di tipo piramidale.
Questa tipologia di approccio viene talvolta definita "seed model" (modello seme), poiché le piccole idee di ciascun dipendente si trasformano in obiettivi complessi e organici che, crescendo, possono portare a un grande successo.

L'approccio bottom-up si è sviluppato in concomitanza con lo spostamento dell'attenzione verso la psicologia delle organizzazioni, cioè lo studio scientifico del comportamento umano nelle organizzazioni e sul posto di lavoro. Questa branca della psicologia incoraggia i datori di lavoro a valutare costantemente i propri dipendenti e a dare la massima priorità ai loro contributi all'interno dell'azienda. La nascita di questo approccio ha indotto, nel tempo, molti top manager a ridurre l'utilizzo dell'approccio top-down e ha consentito ai collaboratori di contribuire più frequentemente alla vita aziendale. Sostenitore dell'approccio dal basso verso l'alto fu Elton Mayo che credeva, ad esempio, che migliorando gli aspetti sociali del posto di lavoro, l'azienda ne avrebbe in definitiva beneficiato. Il punto di arrivo di questo grande movimento di pensiero fu lo sviluppo dei dipartimenti delle risorse umane che, se svolgono bene il compito che è stato loro affidato, si dovrebbero dedicare direttamente al coinvolgimento dei dipendenti nell'azienda per ottenere un buon ritorno sull'investimento fatto nell'assumerli.
In anni più recenti sono emerse visioni ancora più radicali della gestione dal basso. Uno di questi approcci è l'olacrazia (qui un approfondimento de: "Il Sole 24 Ore"), che si appoggia pienamente alla politica bottom-up e si basa su idee quali: ruoli mobili all'interno di un'azienda e una struttura circolare di autorità invece di una piattaforma verticale.

I vantaggi dell'approccio bottom-up includono:

  • un'influenza positiva sull'attuazione dei piani aziendali data dalla partecipazione attiva dei dipendenti;
  • una maggiore motivazione dei collaboratori;
  • l'empowerment dei dipendenti;
  • una maggiore autonomia dei collaboratori;
  • una maggiore creatività e propositività ai livelli inferiori;
  • un grande valore aggiunto al lavoro di ogni persona dato dalla cultura del feedback;
  • un migliore utilizzo dei collaboratori. Le persone che lavorano per un'azienda vengono già pagate per svolgere il proprio lavoro, quindi se si inizia anche a trarre vantaggio dalle informazioni che ricavano dall'essere quotidianamente immersi in ciò che fanno, si aggiunge valore all'investimento fatto;
  • il fatto che, anche se le cose all'inizio di un progetto affrontato con l'approccio bottom-up non funzionano come previsto, le persone non hanno alcuna voglia di incolpare qualcuno o di puntare il dito perché sono state coinvolte fin dall'inizio in ciò che è stato fatto. C'è la volontà di migliorare e di far funzionare le cose;
  • non richiede molte conoscenze, quindi si può implementare facilmente;
  • sfrutta le conoscenze specialistiche e tecniche presenti nei livelli inferiori dell'organizzazione;
  • offre l'opportunità unica di beneficiare di un gruppo eterogeneo di persone, molte delle quali avranno prospettive uniche sul business

Gli svantaggi dell'approccio bottom-up includono, invece:

  • una maggiore complessità (prendere una decisione coinvolgendo poche persone è decisamente più semplice;
  • più tempo da mettere a disposizione (anche in questo caso, prendere una decisione con poche persone è, in genere, più veloce);
  • il fatto che le persone potrebbero essere restie a condividere un feedback;
  • il problema che i dipendenti potrebbero non avere ben chiari tutti gli elementi necessari per prendere una decisione;
  • la mancanza di una strategia chiara. Quando le decisioni vengono prese a più livelli, l'azienda corre il rischio di operare senza una strategia chiara. Potreste ricevere input di qualità da più fonti, ma le persone potrebbero operare senza controllarsi l'una con l'altra. Il rischio, ad esempio, potrebbe essere quello di duplicare compiti o persino lavorare verso obiettivi contrastanti

Ma perché si è arrivati a pensare a un approccio bottom-up? Il problema dell'avvio di un nuovo progetto o dell'attuazione di un cambiamento (ad esempio l'introduzione di un sistema qualità basato sulla ISO 9001:2015) è di farlo accettare alle persone. L'approccio bottom-up si basa sulla volontà da parte del top management di avviare un dialogo con i livelli inferiori dell'organizzazione e di coinvolgerli in tutto e per tutto nel progetto, fin dalle sue prime battute, per arrivare a una decisione condivisa.
Il grande valore aggiunto di questa tipologia di approccio è di coinvolgere i lavoratori in prima linea che, solitamente, sono ben informati delle problematiche che i livelli superiori potrebbero non cogliere nella loro interezza. Per questo motivo le informazioni che si ricavano lavorando in questo modo sono molto preziose. Non bisogna dimenticare, poi, che i dipendenti sono i veri motori di un'organizzazione e i principali stakeholder. Il loro coinvolgimento in alcuni processi decisionali e nella creazione di meccanismi di feedback è destinato a funzionare molto bene se si basa sul reale coinvincimento del top management che una decisione condivisa possa avere vita più facile rispetto ad una imposta dall'alto.

È chiaro che questo tipo di approccio non è consigliato per tutte le decisioni aziendali e, per questo, è molto importante distinguere in quali casi sia appropriato procedere in questo modo. Ad esempio, non ci può essere un approccio bottom-up se i livelli inferiori non hanno abbastanza informazioni sul problema da affrontare o se il problema da trattare prevede una conoscenza sistemica dell'organizzazione che solo il management può avere. Inoltre, lavorare secondo questo approccio non significa che tutti i dipendenti debbano partecipare a tutte le decisioni. In alcuni casi, ad esempio, dovrebbero essere coinvolte solo le persone che hanno una certa competenza. Anche il tipo di decisione è importante per decidere se proseguire con un approccio bottom-up o top-down: se la decisione deve essere rapida e drastica, con molta probabilità dovrà essere presa solamente dal top management ma, se si cerca un miglioramento incrementale, l'approccio migliore è sicuramente quello bottom-up. Anche la tipologia di organizzazione va considerata prima di adottare un approccio di tipo bottom-up: funzionerà molto bene in aziende appena nate, orientate al servizio o con una forza lavoro estremamente giovane ma, probabilmente, si farà strada con più difficoltà in un'azienda industriale tradizionale con dipendenti più maturi.
Procedere dal basso verso l'alto funziona molto bene laddove siano necessari miglioramenti piccoli, incrementali e continui o se si debba risolvere un problema localizzato e costruire piccoli team. Ovunque, invece, siano necessari risultati su larga scala e rivoluzionari, un approccio basato su una forte guida da parte del top management è importante, così come è necessario che siano i manager a convincere le persone attraverso l'esempio.

L'approccio bottom-up si associa meglio a quello che potremmo definire un management con una visione olistica che mira a incorporare nel processo di gestione i gradini più bassi della forza lavoro perché ritiene che un management efficace denoti unità, valori condivisi e responsabilità condivise. In quest'ottica, l'approccio dal basso verso l'alto è una mossa strategica percepita dal top management come assolutamente necessaria per l'eccellenza dell'organizzazione e per migliorarne profondamente la cultura.
Perché un'azienda possa davero ricavare enormi vantaggi da questo approccio occorre, però, che abbia grande umiltà e che si veda più come un'entità in continua crescita grazie all'apprendimento più che come un'entità già realizzata. Operativamente, questo significa che il top management deve avere realmente una grande apertura alle nuove idee e ad accettare l'aiuto e il supporto da qualsiasi livello dell'organizzazione vengano.

Robert E. Quinn nel suo libro "Deep Change: Discovering the Leader Within" identifica che il cambiamento si verifica solamente quando si trova la fonte dei problemi e che un vero cambiamento culturale deve iniziare con il cambiamento personale di ogni persona che lavori all'interno dell'azienda, a cominciare dal top management. Quinn suggerisce, poi, che le organizzazioni dovrebbero contrastare quelle forze che vogliono preservare lo status quo, soprattutto se implicano il mantenimento delle gerarchie e che la promozione di persone tecnicamente competenti e innovative potrebbe non aiutare a cambiare davvero, se queste non capiscono la cultura o la politica dell'organizzazione. Il cambiamento dal basso è fondamentale per l'autore ma occorrono anche leader in grado di guidare e supportare il cambiamento.

Chi di voi ha più esperienza nel campo della qualità, ricorderà che i Circoli della qualità, creati a supporto dell'implementazione del sistema qualità e ancora oggi utilizzati in molte aziende soprattutto giapponesi, si basano proprio su un approccio bottom-up. Perché funzionino occorre che il top management valuti ogni concetto presentato con equità e in modo chiaro, basandosi su criteri di valutazione che devono essere noti a tutta l'organizzazione in modo da assicurare che ogni idea verrà presa in considerazione senza pregiudizi. Oppure, sempre restando in Giappone, il sistema ringi che, però, funziona perché nelle aziende giapponesi i lavoratori svolgono mansioni diverse scambiando periodicamente la posizione lavorativa con altri colleghi. In questo modo hanno una profonda comprensione di come funziona la loro organizzazione.

Come abbiamo visto, sia l'approccio top-down che quello bottom-up hanno dei punti di forza e dei punti deboli. da quanto abbiamo scritto, probabilmente avrete già capito da soli che il metodo migliore è quello che tenta di eliminare gli svantaggi combinando entrambi gli approcci. In questo caso i collaboratori inviano i loro suggerimenti al top management perché li approvi prima che vengano messi in pratica. Senza un reale coinvolgimento sia del top management che della forza lavoro, infatti, il cambiamento può avvenire ma senza i risultati desiderati. Un cambiamento si basa, infatti, su:

  • responsabilità
  • conseguenze

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Se nessuno si prende la responsabilità di decidere come cambiare e se, soprattutto, non si hanno chiare le consguenze di un cambiamento, si rischia di produrre un vero e proprio disastro. Ecco perché un approccio bottom-up va sostenuto culturalmente.

Esempi quotidiani di un approccio misto ma con una buona quota di approccio bottom-up potrebbero essere i due seguenti ma nelle vostre realtà ne potrete sicuramente individuare molti altri:

  • obiettivi ibridi, stabiliti nella loro forma più ampia dall'azienda ma nella forma di micro obiettivi da team e lavoratori;
  • report di avanzamento richiesto a intervalli stabilti dall'azienda ma con riunioni periodiche impostate dalle persone che si coordinano in modo indipendente, collaborando una con l'altra e autogestendosi
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