PRODUZIONE SNELLA E COMPANY WIDE QUALITY CONTROL - IL MODELLO GIAPPONESE

Lean manufacturing secondo il modello produttivo giapponese

Studiamo insieme i due pilastri del modello produttivo giapponese: la Lean manufacturing e il Controllo Qualità Totale

lean manufacturing

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Prima di affrontare l'analisi di come si sono sviluppati in Giappone i concetti di controllo della qualità dopo la Seconda Guerra Mondiale consentendo a questa nazione, in un arco di pochi decenni, di passare da una disfatta totale al successo in tutti i campi, occorre, per correttezza storica, passare rapidamente in rassegna anche altri modelli ed approcci che si sono sviluppati, prevalentemente negli USA, parallelamente all'assicurazione qualità dei settori cosiddetti regolamentati (aerospaziale, militare, nucleare e petrolifero) e al Company Wide Quality Control - CWQC del Giappone.

Nei primi anni '50 (e quindi prima della nascita dell'assicurazione qualità) negli USA una diversa metodologia di approccio sistematico alla qualità, non derivata da prescrizioni legislative o normative, è stata quella introdotta da A. V. Feigenbaum e che va sotto il nome di Total Quality Control - TQC

Partendo dalla constatazione che la qualità sarebbe divenuta il fattore principale nelle scelte del cliente (fosse esso una casalinga, un'azienda, una catena di supermercati, un ente pubblico o le forze armate) e quindi l'argomento determinante per la sopravvivenza ed il successo di un produttore, Feigenbaum definì la qualità come l'insieme delle caratteristiche di marketing, ingegneria, fabbricazione ed assistenza attraverso cui un prodotto o servizio soddisfa le aspettative del consumatore.

La qualità deve divenire, pertanto, un elemento essenziale del modo di governare un'impresa, come il marketing e la gestione economica.
Il Total Quality Control è un modo di gestire globalmente la qualità così da assicurare la piena soddisfazione del cliente (e della Direzione) o, con le parole di Feigenbaum: "Il TQC è un sistema efficace per integrare gli sforzi di sviluppo, mantenimento e miglioramento della qualità dei vari gruppi di un'organizzazione affinché marketing, ingegneria, produzione e assistenza si svolgano ai massimi livelli di economia, compatibilmente con la soddisfazione del cliente".

L'idea di un approccio globale appare necessario perché la qualità dei prodotti e servizi è direttamente influenzata da nove fattori fondamentali (detti le 9M):

  • markets (mercati);
  • money (soldi);
  • management (gestione);
  • men (uomini);
  • mottivation (motivazione);
  • materials (materiali);
  • machines and mechanization (macchine e meccanizzazione);
  • modern information methods (moderne metodologie di trasmissione delle informazioni);
  • mounting product requirements (requisiti del prodotto)

Questo approccio globale comporta la messa in opera di un sistema qualità totale (Total Quality System - TQS) definito come la struttura organizzativa, riconosciuta e documentata, in un sistema integrato, efficace e conforme a procedure gestionali e tecniche, predisposta per guidare e coordinare persone, macchine ed informazioni nel modo migliore e più pratico, ai fini dell'ottenimento della soddisfazione del cliente al minor costo possibile per l'azienda.

Il Total Quality Control, nato e pensato nel contesto culturale occidentale (USA), è molto simile al Company Wide Quality Control che si è sviluppato nel contesto culturale giapponese: la differenza fondamentale è che il TQC di Feigenbaum è sostanzialmente pensato ed attuato da specialisti, novelli tecnici di un controllo qualità globale ma non pensato ed attuato dagli stessi operatori siano essi manager, progettisti od operai, mentre il CWQC è meno scientifico ma vissuto ed attuato direttamente da tutta l'azienda ("La ricetta la deve fare il cuoco").

Joseph M. Juran, ingegnere, manager, autore di numerosissimi articoli e testi sulla qualità è noto, oltre che per i suoi interventi effettuati in Giappone unitamente a Deming che hanno fortemente influenzato lo sviluppo della cultura della qualità in quel Paese, per la sua cosiddetta "trilogia" che definisce tre processi manageriali per lo sviluppo di progetti per la qualità in un'organizzazione:

La similitudine che usa Juran per far capire il suo approccio è quella di confrontare ed imparare nella gestione per la qualità gli approcci con i quali in un'impresa si affrontano i problemi economici: in un progetto qualsiasi a fronte degli obiettivi si stabilisce una previsione di spesa (budget, al quale corrisponde la pianificazione della qualità) e quindi si cerca di risparmiare (aumentare l'efficienza, attività alla quale corrisponde il miglioramento della qualità).

Particolarmente interessante, dato che ha fatto scuola più di ogni altro aspetto del suo modello, è l'impostazione delle attività di miglioramento. L'orientamento attivo alla qualità, sostiene Juran, implica tre grandi rotture con la tradizione che comportano l'introduzione di comportamenti innovativi. I tre punti di rottura sono:

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  • il miglioramento della qualità come processo continuo che si sviluppa anno dopo anno e che ha come obiettivo la riduzione dei livelli cronici di difettosità. Ogni anno devono essere fissati obiettivi della qualità da raggiungere più stringenti di quelli dell'anno precedente;
  • la Direzione deve assumere in prima persona la conduzione del miglioramento, stabilendo politiche, obiettivi, metodi organizzativi e di controllo;
  • addestramento intensivo dell'intero gruppo dirigente alle discipline della qualità (le tecniche per ottenere, controllare, misurare e migliorare la qualità non devono essere riserva di caccia del personale del settore qualità)

Per ottenere un miglioramento, tuttavia, non bastano le esortazioni o i diktat della Direzione.

Dal momento che il miglioramento in senso generale non esiste e che tutti i miglioramenti avvengono progetto dopo progetto, la consapevolezza della necessità di miglioramento deve essere tradotta in progetti.
Funzione importantissima della Direzione è quella di riconoscere ed autorizzare i progetti, in modo da rendere disponibili le risorse necessarie.

Il salto di qualità si realizza secondo una sequenza universalmente valida:

  • dimostrazione della necessità di intervento - I problemi cronici non danno più segnali d'allarme rilevabili per cui è necessario condurre studi per individuare le aree di interevento;
  • identificazione dei progetti di miglioramento - Lo strumento principale utilizzato è il principio "poche cose sono essenziali, molte sono poco importanti".
    Le priorità di intervento vanno definite sulla base dei fattori seguenti e di altri da individuarsi caso per caso:
    • ritorno degli investimenti;
    • urgenza del miglioramento;
    • facilità della soluzione;
    • probabile resistenza al cambiamento;
    • durata presunta dei benefici;
  • organizzazione per la guida dei progetti di miglioramento e per le diagnosi relative - Devono essere stabilite le responsabilità per dirigere l'avanzamento di ciascun progetto ed i programmi necessari per portarli a conclusione;
  • diagnosi - salto di qualità nella conoscenza - E' necessario effettuare il tragitto dai sintomi alle cause e da queste ai rimedi attraverso i seguenti passi:
    • capire i sintomi;
    • formulare ipotesi sulle cause;
    • scegliere le ipotesi da verificare;
    • sottoporre a test le ipotesi (i metodi adottati saranno diversi a seconda che si tratti di difetti controllabili dalla Direzione oppure dall'operatore);
    • progettare un rimedio (di solito un cambiamento tecnologico o gestionale);
  • superamento della resistenza culturale al cambiamento - cercando di applicare un rimedio si incontra una resistenza dovuta non al cambiamento tecnologico, ma alla modifica sociale ad esso associata (abitudini o status delle persone coinvolte che sentono il cambiamento come una minaccia per il proprio modello culturale);
  • salto di qualità nei risultati - iterazione delle azioni correttive.
    Una volta applicato il rimedio, è necessario non fermarsi ma andare avanti per assicurarsi che vengano effettivamente sfruttate tutte le possibilità offerte dal cambiamento;
  • controllo al nuovo livello - Il livello raggiunto deve essere consolidato e costituire il punto di partenza per miglioramenti ulteriori

Per gestire il miglioramento della qualità vengono istituiti comitati e team a vari livelli che coinvolgono il top management, i dirigenti ed i quadri intermedi ma non comprendono le forze operative il cui contributo al miglioramento si può, invece, sviluppare in parallelo attraverso i circoli della qualità.

Sulla possibilità e lo sviluppo delle metodologie legate ai circoli della qualità molto vi sarebbe da dire, dato il grande sviluppo che tali entità hanno avuto sia in Giappone che nel mondo occidentale. E' opportuno chiarire bene che l'applicazione dei circoli è significativa e credibile solo se calata in un sistema qualità aziendale sviluppato e compreso a tutti i livelli.
Inoltre i circoli della qualità analizzano problemi riconducibili al personale operativo il cui peso percentuale rispetto alla globalità dei problemi qualitativi è dell'ordine di grandezza del 15-20%, mentre il restante 80-85% è collegabile con altri attori ed aspetti del sistema qualità: le strutture (risorse, organizzazione, addestramento, ecc), il management, i fornitori, la definizione realizzazione e commercializzazione del prodotto, la progettazione, il marketing, l'assistenza post-vendita, ecc.

William Edwards Deming è famoso soprattutto per il ciclo PDCA e per i premi che vengono dati in Giappone, entrambi titolati al suo nome.

Deming organizzò, nel 1942 il primo corso di controllo statistico della qualità per l'Esercito e la Marina, presso l'Università di Stanford e compì un primo viaggio in Giappone nel 1946 dove assistette alla fondazione dell'oggi famoso JUSE (Japanese Union of Scientists and Engineers).
Vi ritornò, poi, ripetutamente per tenere seminari a manager giapponesi dell'industria.

Sulla base della sua esperienza, Deming sviluppò, negli anni '80-'90 i 14 Punti che, a suo dire, avrebbero dovuto costituire la base per la trasformazione dell'industria americana

L'approccio alla Qualità in Giappone: la Lean manufacturing

In Giappone, a partire dagli anni '50, la gestione del fattore qualità e, più in generale, dell'attività industriale assunse, per il tipo di approccio adottato e per i metodi, connotazioni particolari, così importanti da avere influenzato, successivamente, tutta l'organizzazione industriale mondiale.

Il modello adottato fu quello del Company Wide Quality Control, cioè il controllo qualità esteso a tutta l'azienda, diffuso e divenuto famoso in tutto il mondo con il nome di Qualità Totale.

L'aproccio, al quale vanno strettamente associati i metodi e gli approcci della cosiddetta Produzione snella, fu definito da Kaoru Ishikawa, alle sue origini negli anni '60, come un sistema per fornire buoni prodotti a basso costo dividendo i benefici tra consumatori, addetti e azionisti per aumentare la qualità della vita degli uomini.

Il JUSE assegnandogli, all'inizio degli anni '80, la sigla CWQC (soprattutto per differenziarlo dal Total Quality Control - TQC di Feigenbaum) lo definì come un sistema per produrre economicamente beni o servizi che soddisfino le richieste del cliente.

La definizione più recente ed attuale è, tuttavia, quella riportata nel testo del Premio Deming della fine degli anni '90 che definisce il CWQC come un insieme di attività sistematiche sviluppate dall'intera organizzazione per raggiungere in modo efficiente ed efficace gli obiettivi dell'azienda e per dare prodotti e servizi con un livello di Qualità che soddisfi i clienti in un modo appropriato, sia in termini di tempo, che di prezzo.

Alla fine della Seconda Guerra Mondiale sembrò il momento giusto per pensare principalmente alla produzione ed alla quantità piuttosto che alla qualità. Il modello prevalente, pertanto, fu quello del controllo di prodotto, in una visione largamente product out.

L'attenzione alla qualità intesa come completa soddisfazione del cliente per ogni sua aspettativa fu molto limitata dato che il controllo qualità è uno strumento di supporto alla produzione e ad essa completamente asservito.

Al termine del secondo conflitto mondiale si decise di puntare sul Giappone e di aiutarne la ricostruzione. Iniziarono, quindi, a susseguirsi accordi e scambi, compreso l'invito di tecnici ed esperti, dato che gli americani avevano una grossa esperienza di controllo qualità.

Quando Juran e Deming arrivarono in Giappone, trovarono un terreno fertile e vergine di una nazione che, per sviluppare ed accrescere il proprio livello di benessere, avrebbe dovuto individuare, sia a livello di prodotti che di modalità di produzione, dei fattori di innovazione e di diversificazione.
Non potendo contare, infatti, su proprie risorse naturali e sulla potenza economica, nè sulla tecnologia, con un mercato interno povero ed un mercato estero agguerrito, l'industria giapponese decise di puntare, facendo leva sui valori di fondo della propria società, sull'efficienza e sulla qualità.

Occorre ricordare, poi, che nell'ambito delle collaborazioni USA-Giappone, l'ing. Ohno della Toyota fu, insieme al sig. Toyoda, proprietario della fabbrica, frequente visitatore delle fabbriche americane.
Lo scopo dei viaggi era di impostare la ricostruzione delle fabbriche della Toyota, osservando le tecniche e l'organizzazione della grande produzione automobilistica americana.

L'ing. Ohno, andando negli USA, ebbe quindi modo di approfondire metodi e tecniche della produzione di massa. Ma la situazione, sia relativamente al mercato che alle risorse disponibili, in Giappone era assai diversa rispetto a quella americana e, più in generale, di quella dell'Occidente.

Toyota, infatti, non poteva contare sugli stessi volumi di produzione e, nello stesso tempo, doveva garantirsi una certa flessibilità per poter soddisfare mercati con esigenze diverse.
Inoltre, non dispondeva delle risorse economiche necessarie per permettersi i rilevanti investimenti economici richiesti dall'organizzazione tecnologica delle fabbriche di auto americane.

La soluzione non fu facile e si sviluppò nel corso di 20-30 anni, attraverso un insieme di elementi e di fattori, sia di tipo tecnico che di carattere sociale, economico e politico.

Sono passati da allora più di 40 anni. L'approccio, da approssimato e sperimentale, si è concretizzato in un nuovo modo di concepire la produzione industriale, valido non solo per il mondo dell'auto, ma per la maggioranza dei settori industriali.

La produzione snella è oggi un processo produttivo che, paragonato alla produzione di massa, usa meno di tutto, ovvero:

  • meno lavoro umano - cioè meno personale addetto esclusivamente ai controlli, personale operativo più qualificato che tiene sotto controllo direttamente i processi e che effettua direttamente le piccole operazioni di manutenzione;
  • meno ore di progettazione, meno modifiche e meno tempo per sviluppare i prodotti nuovi - la progettazione si svolge in modo pianificato, sistematico ed integrato, con ampio uso di gruppi, costituiti da rappresentatnti di tutte le funzioni aziendali. Il gruppo segue lo sviluppo del progetto, dai primi disegni e dalle prime idee iniziali, fino alle analisi ed alle verifiche conseguenti alla prima commercializzazione.
    Nei gruppi sono spesso coinvolti fin dall'inizio i fornitori delle parti più critiche;
  • minori stock - i fornitori sono qualificati e quindi si riducono le giacenze di magazzino.
    Le dimensioni dei lotti sono ridotte, con un mix di prodotti simile a quello richiesto dal mercato.
    La produzione è tirata dalla domanda, cioè si produce solo ciò che è richiesto. Il controllo di processo, la professionalità degli operatori, i fornitori qualificati consentono di ridurre sprechi e scarti, cosicché ogni pezzo prodotto è buono:
  • minore superficie di stabilimento - la quasi assenza di magazzino e gli stock ridotti consentono la riduzione degli spazi di stabilimento
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