SPRECARE LE CAPACITA' DEI COLLABORATORI E' UN PROBLEMA PER LE ORGANIZZAZIONI - 2

Possibile che la maggioranza delle organizzazioni non si renda conto di buttare al vento il talento dei propri uomini?

sprecare-capacita-collaboratori

Grandezza caratteri: piccoli | medi | grandi

(Prima parte)

Abbiamo visto che il percorso che porta ad assegnare il potere decisionale a pochi è profondamente radicato nelle organizzazioni e limita gran parte del talento e delle capacità dei singoli che potrebbe fare una differenza significativa. Con tutte queste capacità sprecate, diventa evidente che la situazione che si crea porti le persone che si trovano ai posti di comando a credere di essere in quella posizione perché pensano meglio, sanno risolvere i problemi e sono più brave degli altri. In genere, invece, hanno avuto semplicemente più possibilità di altri di mettersi in luce perché qualcuno ha deciso a tavolino che dovessero occupare quel ruolo e avere una chance di dimostrare ciò che valgono davvero. Se la scelta di chi ha deciso quali persone dovessero diventare i capi è stata poi dettata da criteri quali il loro essere sempre d'accordo, il ritrovarsi ogni volta dalla parte dei vertici e il dare meno fastidio possibile, vi rendete conto che abbiamo un bel problema a capire come sfruttare il talento all'interno delle nostre organizzazione .

Per questo motivo, spesso, sono ben pochi i manager che hanno il coraggio di far crescere le persone che gestiscono e di mettere in luce il fatto che alcune di loro sarebbero pronte a fare qualcosa di più, ad assumersi maggiori responsabilità e a prendere molte decisioni in autonomia. Al contrario, i responsabili che individuano nei propri uomini del talento a volte vedono in essi un potenziale pericolo che potrebbe mettere in dubbio il ruolo che ricoprono nell'azienda. Ecco, dunque, che una delle risposte più comuni che si ricevono quando ci si interroga sul perché le persone non vengano messe nelle condizioni di fare qualcosa di più e di mettere il proprio talento a disposizione dell'organizzazione si riceve una risposta disarmante: "La gente non vuole fare qualcosa in più ". Intendiamoci, a volte la risposta corrisponde alla pura verità e, in un clima di tensione, è abbastanza normale sentirsi dire: "Sono qui per fare il mio lavoro. Nient'altro. Non chiedetemi di portare idee". Bisogna però sforzarsi di andare a fondo della questione per non rassegnarsi a lasciare il talento inutilizzato, dato che non possiamo più permettercelo. Non bisogna fare l'errore di considerare commenti negativi come questo come deterrente per non responsabilizzare maggiormente i propri uomini, perché significherebbe lasciare che la voce di una o poche persone influenzi l'intera forza lavoro. Tra l'altro, gli stessi membri problematici hanno spesso dimostrato di essere beni assolutamente preziosi per l'azienda una volta compreso che eventuali miglioramenti avrebbero potuto rendere loro la loro vita più facile.

Quando si esaminano le cause della reticenza delle persone, inoltre, bisogna assicurarsi che il loro atteggiamento difensivo non sia dettato dal fatto che ai lavoratori spesso si chiede di fare solo il proprio lavoro e di non perdere tempo a pensare troppo o a interagire con gli altri. Alla lunga, un atteggiamento del genere porta a comportamenti guardinghi e a temere quei cambiamenti che spaventano perché vanno a influenzare una situazione di stasi spesso costruita con grande fatica.
Altre persone ancora, poi, possono avere paura di fare qualcosa di nuovo perché temono di fallire o perché non sono consapevoli di quello che potrebbero guadagnare a uscire finalmente dal loro guscio.

Al di là di tutti i problemi e degli atteggiamenti più comuni che abbiamo elencato, in molti luoghi di lavoro mancano semplicemente i processi necessari per gestire al meglio le potenzialità delle persone.

L'enorme spreco di talento che ritroviamo nella maggioranza delle nostre organizzazioni significa realizzare solo una frazione piccolissima di quello che si potrebbe fare. Molti stabilimenti, però, avrebbero bisogno di produrre in modo più efficiente rispetto a quello che fanno attualmente, avrebbero, cioè, bisogno di fare di più riducendo - allo stesso tempo - le spese. Per tante organizzazioni questo risultato si può ottenere "semplicemente" con un profondo cambiamento delle metodologie utilizzate ma trascurare di capire come accedere ai talenti nascosti delle persone per poterli utilizzare al meglio sarebbe ugualmente sciocco, non credete? L'accettazione di questa sciocchezza, però, si rispecchia, in particolare, nella mancanza di qualsiasi riferimento o preoccupazione circa la capacità inutilizzata della forza lavoro.
Le attività di un'impresa sono valutate in termini di prodotti realizzati o di servizi erogati, di spazi utilizzati, dell'utilizzo dei macchinari o delle apparecchiature e di tanto altro ma non si discute quasi mai della percentuale delle capacità delle singole persone che viene realmente sfruttata ogni giorno.

I luoghi di lavoro tradizionali, spesso, non riescono ad accendere una vera passione nella gente. Avete mai pensato a cosa potrebbe accadere se ci si impegnasse per incanalare tutta la passione che ognuno ha dentro di sé per sfruttarla anche nell'ambito lavorativo? Riuscite a pensare per un attimo a quali risultati si potrebbero ottenere? Le persone sarebbero più interessate a ciò che fanno, agirebbero in maniera più mirata e sarebbero in grado di raggiungere obiettivi più sfidanti.

Pensate per un attimo a quanto contino le capacità dei singoli quando si ha a che fare con i clienti, quando si ricercano spunti per il miglioramento, quando si coinvolgono le persone, quando ci si deve concentrare su un processo o quando si ha a che fare con la leadership.
Tra gli sprechi più comuni che si rilevano nelle organizzazioni, ritroviamo:

  • l'impossibilità di tenere sempre in mente che lo scopo del lavoro è il cliente;
  • l'incapacità di imparare dagli errori commessi per migliorare;
  • la difficoltà nel generare idee e nell'individuare problemi;
  • la mancata comprensione dell'intero processo (anche per modificarlo, se necessario);
  • il non saper affrontare i problemi con la saggezza, il giudizio e la creatività necessari;
  • la mancanza di volontà di applicarsi e impegnarsi per sviluppare le proprie capacità di leadership

Avere a che fare con lavoratori incapaci di concentrarsi sui clienti significa dover contare su persone che lavorano senza uno scopo ben chiaro in mente. Come sappiamo, le metodologie della Qualità che puntano al miglioramento continuo e alla creazione di una cultura aziendale hanno tra i loro principi il fatto che la soddisfazione del cliente debba essere l'obiettivo principale del lavoro. Dire che si producono frigoriferi è profondamente diverso dal dire che si producono frigoriferi per note catene di ristoranti che ha bisogno del nostro meglio per avere successo. Siete d'accordo?

Si pensa che le attività più ordinarie raramente richiedano una consapevolezza di ciò che serve ai clienti o una conoscenza diretta dei loro desideri. Spesso si ritiene che persino certi manager non siano tenuti a conoscere molto dei clienti (interni ed esterni)! C'è una sorta di velata arroganza che si nasconde dietro alla convinzione che alle persone non serva davvero capire più di tanto per svolgere al meglio il proprio lavoro.

Il miglioramento continuo richiede intrinsecamente che le persone imparino in maniera attiva e cerchino di migliorare ogni giorno almeno un pochino. L'apprendimento può avvenire in diversi modi tra i quali ricordiamo:

  • l'esperienza;
  • lo studio di come altri siano riusciti a fare bene oppure, al contrario, abbiano sbagliato;
  • abituarsi a non fermarsi alle apparenze e ricercare sempre le vere cause di un problema

Un atteggiamento che ritenga normale che ad imparare siano solamente i capi, limita - perciò - notevolmente la capacità e la volontà delle persone di esplorare tutto ciò che potrebbe contribuire a diventare apprendimento in una normalissima giornata di lavoro. Le persone, se messe nelle giuste condizioni, sono in grado di contribuire alla vita aziendale con un'ampia gamma di idee, suggerimenti, osservazioni, ecc. Potrebbero mostrare agli altri come modificare e migliorare le fasi del processo di cui si occupano o individuare problematiche che risultano poco evidenti ad altri. Più idee si hanno e più ci sono possibilità che la qualità del lavoro svolto migliori.

Certo, le idee potrebbero non essere idonee all'attuazione perché i lavoratori spesso hanno una visione limitata dell'intera organizzazione e ciò è dovuto al ruolo che ricoprono al suo interno. Per questo è importante che comprendano ciò che sta a monte e a valle delle loro attività, anche per soddisfare le esigenze del cliente.
La comprensione dei diversi passaggi di un processo consente di identificare tutto ciò che non funziona e di migliorare i risultati.

LA COLLANA DEI LIBRI DI QUALITIAMO

"La nuova ISO 9001:2015 per riorganizzare, finalmente, l'azienda per processi" - Si aggiunge alla collana dei libri di QualitiAmo il primo testo che svela i segreti della futura norma.
Dalla teoria alla pratica: il secondo lavoro di Stefania Cordiani e Paolo Ruffatti spiega come migliorare la vostra organizzazione applicando la nuova norma attraverso i suggerimenti del loro primo libro
(Vai all'articolo che descrive il nuovo libro)

"Organizzazione per processi e pensiero snello - Le PMI alla conquista del mercato" - Da una collaborazione nata sulle nostre pagine, un libro per far uscire le PMI dalla crisi.
L’ideatrice di QualitiAmo e una delle sue firme storiche spiegano come usare con efficacia la Qualità.
(Vai all'articolo che descrive il primo libro)

(Vuoi restare aggiornato gratuitamente sulla ISO 9001:2015? Visita ogni giorno la pagina che ti abbiamo linkato. Riporteremo quotidianamente tutti i nostri articoli sulla norma)

PER SAPERNE DI PIU':
Le risorse umane
Il Kaizen e le risorse umane
L'empowerment delle risorse umane
Analisi del supporto fornito dagli stakeholder a un progetto