TIME MANAGEMENT: I PRINCIPI ALLA BASE DELLA GESTIONE DEL TEMPO
Quali leggi bisogna seguire per un buon time management?
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Chi taglia più alberi? Il boscaiolo che non si ferma mai o quello che ogni tanto si ferma per affilare l'ascia?
L'arrivo dell'età adulta porta con sé una scoperta di cui prima - quando la vita sembrava piena di meno preoccupazioni - non eravamo così consapevoli: i giorni hanno solo 24 ore e la gestione del tempo sul lavoro e nella nostra vita personale diventa complicata. Peter Drucker, nel suo libro "The Effective Executive", scrive che i dirigenti più efficienti sanno che il tempo è un fattore limitante e ci spiega che la chiave per gestire con successo il tempo a nostra disposizione è un processo articolato in tre fasi:
- registrare come si utilizza il tempo, cioè essere coscienti di come si usa davvero il proprio tempo;
- gestire il tempo, cioè definire le priorità
- consolidare il tempo mediante l'analisi di ciò che può non essere fatto, può essere automatizzato o può essere delegato ad altri
Ognuno di noi ha sperimentato, almeno una volta nella vita, lo stress dovuto a un elenco infinito di attività da eseguire e al poco tempo per affrontarle. Per aumentare la nostra efficienza personale è utile conoscere i principi di base del time management o gestione del tempo.
Partiamo dalla prima legge: il principio di Pareto. Pareto scoprì che è solamente il 20% delle nostre attività a fornire ben l'80% dei risultati che vogliamo ottenere e che, di conseguenza, perdere tempo sul restante 80% di compiti ha ben poco senso. Questa prima legge ci insegna a focalizzare la nostra attenzione su ciò che è più importante, tralasciando - quando è possibile - tutto il resto o trovando modi per delegarlo, automatizzarlo, ecc.
Il secondo principio è la legge di Illich (chiamato anche legge dei rendimenti decrescenti) che ci spiega come, una volta superata la soglia di una certa prestazione, la nostra efficienza diminuisce e può addirittura diventare negativa. Questo secondo principio di Ivan Illich ci insegna a pianificare un'attività quando siamo al nostro meglio, cioè nel momento della giornata in cui sappiamo che raggiungeremo il picco di energie e a fermarci quando sentiamo di avere "le pile scariche". Per avere il massimo a livello di produttività, infatti, ci deve essere un bilanciamento tra le ore dedicate al lavoro continuo e quelle dedicate al riposo. Questo principio è cruciale per le organizzazioni che vogliano raggiungere il massimo della produttività. Ma cos'è esattamente la produttività? Potremmo definirla come la quantità di output prodotta da una persona in un determinato periodo di tempo. Illich si accorse che, nei primi tempi dell'industrializzazione, i responsabili delle fabbriche, i ricchi proprietari terrieri e le famiglie più agiate erano soliti trattare i loro lavoratori senza cuore, pretendendo che sostenessero dei ritmi lavorativi decisamente pesanti. Del resto, il concetto di produttività non era noto e ci si poteva appellare solamente all'umanità del singolo datore di lavoro.
La verità è che la produttività dei dipendenti non consiste nel far lavorare le persone più a lungo ma nell'esercitare una buona leadership sulla gestione del tempo e nel coinvolgere le persone nel lavoro.
È stato dimostrato attraverso la ricerca scientifica che fare pause programmate può aiutare a migliorare la concentrazione e a mantenere un livello costante di prestazioni. Secondo Illich la controproduttività nasce quando il perseguimento di un processo tecnico ne mina i fini originari. Ha fornito anche un esempio pratico per capire meglio la questione, spiegando che nemmeno i veicoli possono correre oltre una velocità critica e che, se si deve raggiungere una destinazione, è bene pianificare il viaggio puntando su una corretta gestione del tempo.
La legge di Parkinson è il terzo principio che regola il time management e afferma che più è il tempo a nostra disposizione, più tempo consumeremo per svolgere un'attività perché lo sprecheremo. L'efficienza, infatti, aumenta con l'avvicinarsi della scadenza. E' bene, quindi, non dedicare troppo tempo a una specifica attività anche se ne abbiamo in abbondanza.
Il quarto principio è quello del medico francese Henri Laborit (o legge del minimo sforzo) che spiega come il nostro comportamento tipico ci spinga a fare prima ciò che ci rende felici, è più rapido da svolgere o conosciamo meglio. Anche sul lavoro, infatti, tendiamo istintivamente a cercare soddisfazioni immediate e a sfuggire allo stress. Bisognerebbe, quindi, iniziare la giornata lavorativa svolgendo per primi i lavori difficili perché le ore del giorno non sono equivalenti fra loro e le attività più strategiche andrebbero svolte di mattina, dedicando il pomeriggio a quelle di routine.
La quinta legge è quella di Hofstadter che illustra come le cose richiedano più tempo del previsto e suggerisce, quindi, che all'inizio di qualsiasi progetto o compito sarebbe saggio prevedere che potrebbe subire dei ritardi rispetto alle nostre più rosee aspettative. In poche parole, le stime del tempo necessario per completare un progetto sono sempre inferiori al tempo effettivo necessario per completarlo. La legge di Hofstadter si riferisce a un tipo di errore di pianificazione che consiste nel sottovalutare il tempo necessario per completare un determinato compito. Questo è il motivo per cui le stime dei tempi di progetto falliscono così spesso, anche se il progetto stesso è ben gestito e ben controllato. Ciò può essere dovuto anche al fatto che tendiamo a fissare troppi obiettivi .
Infine abbiamo la legge di Carlson (chiamata anche legge delle successioni omogenee) che spiega che gestire un compito in una sola volta, portandolo a termine, richiede meno tempo che gestirlo in più volte. Le interruzioni (distrazioni), infatti, hanno un impatto negativo sull'efficienza, quindi è bene concentrarsi su un compito e finirlo.
Terminiamo con un bonus: la legge di Murphy che spiega che tutto ciò che può andare storto andrà storto e ci insegna, quindi, ad anticipare eventuali problemai investendo tempo nella pianificazione e nella preparazione.
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