LA GESTIONE DEI CONFLITTI, LE DINAMICHE
DI GRUPPO E "CARNAGE"

In Carnage, l'ultimo film di Polanski, possiamo vedere ben
rappresentate sia le dinamiche di gruppo che la gestione dei
conflitti

di Stefania Cordiani

carnage


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L'ultimo lavoro di Roman Polanski - "Carnage" - è un film straordinario, decisamente nelle corde del discusso ma geniale regista. Ne consiglio vivamente la visione a tutti perché a tutti ha qualcosa da insegnare (o, almeno, a chiunque si sia trovato almeno una volta a reprimere le proprie pulsioni e ad indossare la maschera del buon vivere civile).

Ma questa pellicola, ambientata quasi integralmente all'interno di un salotto tipico della borghesia newyorkese, ha qualcosa da raccontare anche a coloro che cercano di trovare sempre qualche spunto nuovo per migliorare la propria cultura manageriale.
Il film, con la sua dialettica scoppiettante e molti pezzi di bravura degli attori, ci accompagna e ci costringe, infatti, nello spazio ristretto del salotto dove i quattro protagonisti si fronteggeranno in un crescendo di accuse reciproche e in un gioco al massacro che - in certi momenti - ci faranno quasi pentire di esserci accomodati sul divano accanto a loro per assistere alla discussione.

La gestione dei conflitti

La trama di "Carnage" si concentra in una riga (due coppie di genitori si incontrano per parlare di un litigio avvenuto tra i loro figli e terminato a bastonate) e non è certo il motivo che scatena l'interesse per il film.
Chi ha ragione? Chi ha torto? Le cose stanno davvero come ci vengono presentate all'inizio (un bambino violento che prende a bastonate l'altro) oppure siamo davanti a una reazione tutto sommato spontanea perché nata da una provocazione verbale?
Non è importante saperlo e la trama del film non ce lo svelerà; quello che è davvero lo scopo della pellicola - invece - è mostrarci come ognuno di noi possa essere l'elemento risolutore all'interno di un conflitto (basta che ci creda e che lo voglia davvero) oppure diventarne miccia e catalizzatore.

Ciò che ci distingue dagli esseri meno evoluti (i due bambini o il criceto che rappresenta un punto di rottura nella discussione tra le due coppie) è proprio la parola; con la capacità di argomentare e discutere possiamo fare la differenza ma questa stessa capacità può essere utilizzata anche per fare del male agli altri.

La situazione, almeno all'inizio, è chiara: i genitori (all'apparenza aperti e liberal) del bambino picchiato accolgono in casa quelli (dall'aspetto decisamente più conservatore) del bambino sotto accusa.
Lo scopo dell'incontro è quello di confrontarsi civilmente per sedare sul nascere un conflitto tra diversi metodi educativi e riferimenti valoriali insegnati e trasmessi ai figli.

Il regista ci presenta un quadro iniziale in cui tutti sono impegnati ad essere adulti e a "fare la cosa giusta": chi a scusarsi e chi a dire che - in fondo - non è successo nulla di irreparabile perché siamo tra persone civili e si può risolvere facilmente la cosa, magari firmando un semplice documento che racconti come sono andate le cose e che impegni una coppia a risarcire l'altra.
A Polanski basta però una pennellata divertita nell'interpretare la sceneggiatura per iniziare a far sentire i protagonisti stretti all'interno dei loro dialoghi educati e per metterli, a turno, nelle vesti di persone che da ragionevoli e desiderose di appianare i contrasti si trasformano in fretta in carnefici dei vizi, dei vezzi e dei valori altrui.

Nessuno viene risparmiato: il conflitto divampa e cresce, alimentato ora da uno, ora dall'altro in una continua ricerca di parole, insinuazioni o comportamenti che facciano perdere la calma agli altri.

Ogni professionista che voglia essere un buon manager dovrebbe ripensare spesso alle scene di questo film per riuscire a coglierne tutti i meccanismi e per sapere cosa fare per bloccare sul nascere un contrasto o per risolverlo in fretta.
Quel salotto, con il suo spazio ristretto e soffocante, in fondo ci fa pensare alle nostre sale riunioni (il suono ossessivo e invasivo del cellulare fa quasi da naturale collante tra i due ambienti) e a come le persone siano spesso più interessate a mostrarsi migliori di quanto siano nella realtà invece che a collaborare per il bene comune della propria organizzazione.

Le dinamiche di gruppo

"Carnage" è godibilissimo anche per chiunque si diletti a studiare le dinamiche di gruppo e si interessi ai principi del team building, perché è straordinario nel presentare le alleanze che si creano e si disfano all'interno di questo gruppo riunito forzatamente in una stanza che diventa quasi una prigione dalla quale non si riesce ad evadere.

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Prima abbiamo il coppia contro coppia, poi il classico uomini contro donne e poi i singoli contro tutti gli altri. All'infinito: dinamiche sempre nuove ma, in un certo senso, già viste almeno da chi è abituato a guardare con curiosità alla struttura dei gruppi sociali e - in particolare - a quelli formati da persone che lavorano insieme.

Anche in questo caso, all'inizio del film le dinamiche sono chiare: le due coppie sono unite tra loro e pronte a contrastarsi, seppure educatamente, una con l'altra. Lo scorrere dei minuti - però - ci riserverà più di una sorpresa, soprattutto una volta che - complice l'alcol e una serie di disavventure - saranno cadute anche le maschere e le ultime barriere dovute a certa ipocrisia borghese.
Kate Winslet si toglie le scarpe e sembra che quello sia il segnale per far crollare anche l'ultima barriera delle regole sociali che ancora costringeva i protagonisti a sopportarsi con educazione.

Il finale è sorprendente e non vi rivelo nulla. Vi dico solamente che il regista ci instilla il dubbio che forse, per cavarsela meglio nella vita, è preferibile essere meno cerebrali e più attenti al prossimo.

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