UNCONSCIOUS BIAS. UNA GUIDA PER I
LEADER. COMPRENDERE I BIAS PER
LIBERARE IL NOSTRO POTENZIALE

di Staff di QualitiAmo

L'editore Franco Angeli ha gentilmente accettato di inviarci il testo di Pamela Fuller, Mark Murphy e Anne Chow perché lo leggessimo e ve ne parlassimo qui su QualitiAmo. Grazie!

bias-leader

Grandezza caratteri: piccoli | medi | grandi

"I bias fanno parte per natura della condizione umana e di come funzionail cervello. Essere umani significa avere bias, e tali bias (...) non hanno un valore di per sé, ma impattano sul nostro comportamento.
(...)
La scoperta e la comprensione dei nostri bias sono i primi passi da compiere per assicurarci che il nostro comportamento non limiti le nostre possibilità o quelle di coloro che lavorano con noi".
(Pamela Fuller, Mark Murphy, Anne Chow)

"La percezione diffusa che le persone con bias siano per natura malevole o con problemi morali è uno dei punti che ci impedisce di fare progressi su questo tema"
(Pamela Fuller, Mark Murphy, Anne Chow)

Quando facciamo osservazioni, formiamo opinioni ed esprimiamo giudizi sul posto di lavoro, cosa che ogni manager deve fare, ci affidiamo in modo significativo alla nostra percezione. Questo è il processo attraverso il quale raccogliamo ed elaboriamo le informazioni da ciò che ci circonda: ciò che vediamo, ascoltiamo, sentiamo, ecc. Sebbene si possa pensare di potersi fidare delle informazioni che si acquisiscono con gli occhi o con le orecchie, potreste rimanere sorpresi nello scoprire come tali informazioni possano essere distorte. I nostri sentimenti, le emozioni, i desideri e i valori, infatti, possono portarci a percepire le cose in modo non oggettivo. Ad esempio, se un collega è in ritardo a una riunione (informazione osservabile), potremmo fare un'ipotesi sul motivo per cui è in ritardo. Potremmo attribuirlo alla sua mancanza di responsabilità e, in tal caso, staremmo facendo un'attribuzione negativa a una causa interna. Tuttavia, se pensiamo bene del collega, potremmo presumere che qualcosa di inaspettato e inevitabile lo abbia ritardato. In tal caso, propenderemmo per un'attribuzione esterna che rifletterebbe una visione positiva della persona. In entrambi i casi, l'attribuzione non si basa su una causa osservabile e stiamo andando oltre le informazioni forniteci dai nostri sensi.
Dovremmo sforzarci di essere il più equi possibile nel giudizio ma la realtà è che tutti abbiamo pregiudizi che influenzano i nostri giudizi e i manager non fanno certamente eccezione a questa regola. Una serie di pregiudizi comuni influenza, quindi, il modo in cui valutano i propri dipendenti. Anche i manager con le migliori intenzioni si comportano in modo parziale e, semplicemente, non hanno la più pallida idea di farlo.

Proprio per questo motivo abbiamo trovato questo libro estremamente interessante perché da sempre siamo molto attenti all'argomento dei bias cognitivi. Siamo profondamente convinti, infatti, che molti dei problemi che tutti noi riscontriamo nel mondo del lavoro derivi proprio da questa nostra natura prfondamente umana che ci fa affrontare qualunque questione con una personalissima armatura formata da tutti i bias cognitivi di cui ci siamo caricati nel tempo nella nostra famiglia d'origine, a scuola, nell'ambiente sociale in cui ci siamo formati, nella famiglia che abbiamo costruito, frequentando i nostri amici, lavorando nelle organizzazioni in cui ci siamo formati professionalmente, spostandoci nelle città dove viviamo, ecc. E, seppure molti libri abbiano trattato nel tempo l'argomento, pochi si sono cimentati nell'affrontare come questi pregiudizi ci danneggino in campo lavorativo, soprattutto se puntiamo a diventare leader (ma non solo). Leggere che, secondo gli autori, questo testo avrebbe offerto al lettore le best practice, le strategie e le tattiche migliori per migliorarsi in tal senso ci ha incuriosito moltissimo ed è per questo che abbiamo chiesto all'editore FrancoAngeli la possibilità di leggere il libro per potervene parlare qui su QualitiAmo.

Oggi si parla moltissimo, spesso del tutto a sproposito, dei pregiudizi. Se ne parla talmente a sproposito che ci sono persone convinte di non averne affatto mentre, ovviamente, questo non solo non è possibile ma non sarebbe neppure "sano" dal punto di vista della nostra esistenza. Il "pre-giudizio" infatti è qualcosa che esiste in noi e che bypassa completamente il processo del "giudizio" emesso dal cervello che ci costerebbe, in termini di energia, troppa fatica se esteso a qualunque azione quotidiana. Semplificando estremamente la cosa, possiamo dire che siamo dotati di un cervello primitivo, rettiliano e istintivo, che ci consente di svolgere gran parte delle azioni quotidiane in un'ottica di sopravvivenza e di risparmio dell'energia necessaria a compiere quei ragionamenti (come, ad esempio, il processo di soluzione dei problemi) che possono esserci utili qualche volta. Questa parte del cervello funziona basandosi sui pre-giudizi e identifica l'appartenenza come un elemento essenziale per la sopravvivenza (in gruppo si sopravvive meglio). Ecco perché è stato pensato per cogliere velocemente nelle altre persone tutti gli elementi che le rendono simili a dissimili a noi.
I pregiudizi, quindi, quando sono utili a farci vivere un'esistenza migliore sono i nostri migliori alleati. Quelli che, ovviamente, ci creano problemi sono i bias di cui non siamo coscienti, quelli che ci portano a fare scelte diverse da quelle che probabilmente faremmo se fossimo coscienti di averli ed è a questi che siamo interessati e, in particolare, a quelli che possono influenzarci negativamente nel mondo del lavoro.

Diversi studi sociali, comportamentali e neurologici convalidano che gli esseri umani sono biologicamente condizionati a essere prevenuti e, sebbene i pregiudizi stessi non siano buoni o cattivi, giusti o sbagliati, benevoli o maligni, spesso si traducono in decisioni ingiuste e irrazionali. Dato il potenziale impatto negativo dei pregiudizi manageriali sui lavoratori, le organizzazioni non possono semplicemente accettare che un bias sia umano e naturale ma devono impegnarsi a mitigare i pregiudizi in modo proattivo e intenzionale, prima che penetrino nei processi di lavoro.
I pregiudizi non attenuati possono diluire la percezione di obiettività e correttezza in un'organizzazione e possono avere un impatto negativo sulla produttività, sull'impegno e sul benessere dei dipendenti. Le organizzazioni, quindi, devono impegnarsi a costruire un ambiente e una cultura aziendali in cui comportamenti e decisioni siano radicati nei fatti, nei dati ricavati da varie fonti e nelle riflessioni consapevoli.

Non si possono gestire gli altri se non si riesce a gestire noi stessi. Per qualsiasi manager, un'efficace autogestione richiede un certo livello di conoscenza di sé umana e professionale. Raggiungere questo obiettivo può essere più complicato di quanto sembri, data la tendenza umana a sopravvalutare le proprie capacità e prestazioni. E questo era perfettamente chiaro anche a Peter Drucker che spiegava ai manager che l'unico vero modo per scoprire i propri punti di forza è attraverso l'analisi del feedback. Il metodo di analisi che proponeva è estremamente semplice: dopo ogni decisione o azione chiave presa, il manager dovrebbe scrivere ciò che si aspetta che accada. Un anno dopo, dovrebbe confrontare queste aspettative con i risultati effettivi. Entro tre anni, sostiene Drucker, questo tipo di lavoro rivelerà quali sono i punti di forza del manager oltre che quello che sta facendo bene o non sta riuscendo a fare e lo priva di tutti i suoi punti di forza. Se non avete voglia di aspettare così tanto tempo e vi sembra il caso di mettervi subito a lavorare sui vostri bias, sappiate che in "Unconscious Bias" troverete una valida guida per muovere i primi passi in questo mondo affascinante e scoprire tante cose sul vostro modo di comportarvi.

Il libro lavora molto sui piccoli cambiamenti che, però, devono essere costanti e diventare un nuovo modo di affrontare la giornata lavorativa per portarci a un'autoconsapevolezza capace di renderci manager (ma anche semplicemente lavoratori e persone) migliori. A volte, infatti, basta un piccolissimo cambio di prospettiva per aiutarci a capire di più la persona che abbiamo davanti e lavorare meglio con lei.

La nostra guida, oltre ai contenuti molto interessanti, soprattutto per quanti siano completamente digiuni dell'argomento, alla fine di ogni capitolo riporta esercizi da svolgere o uno strumento da applicare e questo consente al lettore di mettere subito in pratica quanto ha appena letto e deve interiorizzare. Inutile dirvi che l'approccio ci è piaciuto molto perché permette di usare fin dalle prime pagine le conoscenze apprese e di metterle in pratica per avviare immediatamente un cambiamento!

Una delle prime cose che ci viene insegnata nel libro e che abbiamo trovato uno spunto estremamente utile sul quale riflettere, è che l'identità di una persona assomiglia molto alla complessità: proprio come per la complessità, infatti, veniamo a contatto con una piccolissima parte dell'identità di un individuo quando lo incontriamo per la prima volta ma questa bassissima percentuale (si parla di un 10%) ci basta per iniziare a fare delle ipotesi su chi ci troviamo davanti. Se ricordate, su QualitiAmo, avevamo parlato dell'"effetto iceberg" che illustra bene le situazioni complesse: la punta di ghiaccio che emerge dall'acqua è spesso solo una piccolissima parte della massa a noi invisibile. In fondo cosa vediamo di una persona quando le stringiamo la mano per la prima volta? L'età, la razza, il genere, a volte l'ambiente culturale nel quale si è formata, l'aspetto fisico, magari le sue abilità fisiche se sono molto evidenti o l'appartenza religiosa se è denunciata da simboli che la identifichino. Se ci pensate, tutto questo è davvero poco per capire chi abbiamo effettivamente davanti eppure il nostro cervello inizia a lavorare, anche se non ce ne rendiamo conto, e a cercare scorciatoie per interagire al meglio con quella persona e questo perché "leggiamo" le altre persone attraverso i nostri valori. Del resto, se i ricercatori hanno individuato più di 180 bias diversi, un problema di fondo ci dovrà pur essere, giusto? E se non ce ne rendiamo conto è perché, come ci spiegano gli autori, "Il pesce è l'ultimo a scoprire l'acqua" e, dunque, non vediamo i bias dei quali siamo circondati. Adottare le piccole strategie suggerite nel libro può aiutarci a imboccare la strada della consapevolezza e a lavorare meglio.

(L'articolo continua sotto al box in cui ti segnaliamo che alla collana di libri QualitiAmo si è aggiunto un nuovo titolo).

LA COLLANA DEI LIBRI DI QUALITIAMO

"La nuova ISO 9001:2015 per riorganizzare, finalmente, l'azienda per processi" - Si aggiunge alla collana dei libri di QualitiAmo il primo testo che svela i segreti della futura norma.
Dalla teoria alla pratica: il secondo lavoro di Stefania Cordiani e Paolo Ruffatti spiega come migliorare la vostra organizzazione applicando la nuova norma attraverso i suggerimenti del loro primo libro
(Vai all'articolo che descrive il nuovo libro)

"Organizzazione per processi e pensiero snello - Le PMI alla conquista del mercato" - Da una collaborazione nata sulle nostre pagine, un libro per far uscire le PMI dalla crisi.
L’ideatrice di QualitiAmo e una delle sue firme storiche spiegano come usare con efficacia la Qualità.
(Vai all'articolo che descrive il primo libro)

(Vuoi restare aggiornato gratuitamente sulla nuova ISO 9001:2015? Visita ogni giorno la pagina che ti abbiamo linkato.
In calce all'articolo riporteremo quotidianamente un aggiornamento sulla futura norma)

Chiudiamo la recensione di "Unconscious Bias" riportando una frase degli autori che, qualora ce ne fosse bisogno, sottolinea la grande importanza del lavoro proposto nel libro: "I collaboratori che si sentono vittime di bias sono tre volte più propensi a tenere per sé le loro idee, a non impegnarsi e ad andarsene nel giro di un anno. (...) Non c'è cosa più importante che impatta sulla performance del modo in cui vediamo e trattiamo il nostro prossimo in quanto esseri umani".

PER SAPERNE DI PIU':
I libri del giorno scelti da QualitiAmo
I libri sulla qualità scelti da QualitiAmo