FLUSSI SOTTO CONTROLLO NELL'OSPEDALE SNELLO

di Francesco Nicosia Management della Sanità

L’applicazione di logistiche leader e di percorsi diagnostico terapeutici assistenziali a un blocco operatorio dimostrano come sia possibile ridurre sforzo, spazio, tempo, risorse, e aumentare la soddisfazione del cliente e degli operatori

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Il mezzo per raggiungere lo snellimento dell’organizzazione non è accelerare i ritmi degli operatori, ma adottare soluzioni che permettano di ridurre sforzo, spazio, tempo, risorse, e aumentare la soddisfazione del cliente e degli operatori.

Per primo ad essere coinvolto sarà il personale operativo, che sarà portato a ragionare in termini di flusso orizzontale e sincronia di movimento. È necessario trovare l’area di intervento più idonea (ad esempio il blocco operatorio nel nostro caso), il gruppo che svolge funzioni critiche nel processo, trovare spazi e metodi di coinvolgimento per ottenere la presa di coscienza della novità del metodo.
Nel nostro caso il gruppo degli ausiliari di SS.OO., vera catena di trasmissione della produzione.

In quel settore è iniziata l’applicazione dei principi lean nella logistica leader. Per logistica leader si intendono i punti nevralgici e più critici dell’azienda sanitaria, dove inizia il flusso dei pazienti (pronto soccorso), oppure dove esistono snodi organizzativi importanti (blocco operatorio, terapia intensiva, piastra radiologica etc.). Concentrare molte energie in queste logistiche è un’ottima scelta, perchè in caso di successo rapido, si avrà un effetto amplificabile anche in altre strutture, si espanderà fisiologicamente il buon modo di procedere e di risolvere i problemi. Per ciascuna logistica occorrono non meno di 3-4 mesi di condivisione dei problemi per avviare un metodo che proceda senza ulteriori tentennamenti.

Per applicare i principi lean nei processi e nei percorsi ci si esercita nel disegnare mappe del flusso del valore per profili singoli di malattia o di intervento chirurgico, o di gestione di un trauma. La frequenza di revisione dei processi dovrà essere abbastanza alta (ogni 2-3 mesi) per consentire di apprendere il sistema più efficace di applicazione dei principi della lean production. É noto che la tempistica che regola il flusso dei pazienti, non è certo una delle qualità più comuni in ambiente ospedaliero, se è vero che la maggiore evidenza di spreco si ha proprio nel numero di persone che attendono, non solo pazienti, ma anche medici, infermieri, tecnici e ausiliari. Quindi solo mantenendo alte frequenze di monitoraggio sulle tempistiche dei processi (PDTA) sarà possibile revisionare correttamente i processi stessi, snellirli verso l’eliminazione degli sprechi (non valore per il paziente), per una azienda in movimento “pulsante”.

In sintesi:

  • scegliere un settore dove sia possibile mettere rigorosamente in flusso le attività;
  • semplificare il flusso;
  • standardizzare le attività del gruppo;
  • ridefinire priorità;
  • introdurre indicatori di miglioramento

Il metodo potrà portare a risultati tangibili molto velocemente nel giro di 2-3 incontri, ma il consolidamento del miglioramento richiederà ancora altri 2-3 mesi. Da notare che il blocco operatorio è comunque un area leader per l’erogazione di servizi. Lo snellimento dei processi nel BOC potrà servire da forza trainante per tutto l’ambiente chirurgico. Si realizza così il cambiamento dal basso. Uno dei principi da attivare e da sostenere che fanno del sistema Toyota un successo riconosciuto.

Il primo obiettivo di miglioramento in S.O. è stato liberare il corridoio delle 5 sale operatorie al 2° piano dalla confusione di carrelli, pazienti in entrata, pazienti in uscita, ausiliari, colonne video in sosta ecc. che rendevano il percorso non dominabile, né riconoscibile. Non era possibile, da parte di un esterno, capire cosa stesse succedendo.
La confusione gestionale era percepita anche dagli interni. La regola che i pazienti sostassero nel corridoio, portava spesso a chiamare il successivo paziente solo quando il precedente poteva essere riportato in corsia. Il tempo di completamento (lead time) del processo veniva, senza rendersi conto, allungato e un continuo scollamento era presente fra ausiliari che venivano invitati ad andare a prendere pazienti in tempi ristretti (all’ultimo momento) e infermieri che non preparavano i carrelli portastrumenti (tempi di set-up) se non quando era in arrivo il paziente successivo, per non rischiare di stare “lavati” ad aspettare che il paziente arrivasse. È stato necessario invitare al cambiamento di ordine e chiarezza di percorsi.

La strutturazione di un nuovo spazio per la Recovery Room è stato un momento vitale per la revisione del flusso dei pazienti e la imposizione di nuove regole dopo spiegazione e condivisione. I referenti in questo aspetto erano principalmente gli ausiliari (15 persone), che per la prima volta si sono sentiti partecipi di un processo. Si è chiesto di definire, da un elenco proposto, quali fossero le priorità di attività nelle loro mani. La risposta è stata incerta. Abbiamo quindi iniziato una serie di brevi riunioni ogni 10 giorni con la finalità di ridefinire le priorità e di calarle nella realtà dei percorsi di avvicinamento al blocco operatorio e di allontanamento a lavoro (intervento) eseguito. Sono pertanto emersi problemi di priorità e, con questo, problemi di operatività sono stati messi in discussione. La parola magica è stata “fate voi proposte di miglioramento per il vostro (nostro) lavoro”.

Se facciamo riferimento alle condizioni del corridoio di sala operatoria prima del riordino, non era possibile capire chi era in attesa di uscire dal blocco operatorio e chi era in attesa di intervento, perchè appena entrato nel blocco. Attualmente l’apertura della Recovery Room, adiacente al corridoio, ha consentito di mettere ordine, ma dato più significativo che chiunque degli ausiliari interessati al trasporto dei pazienti può vedere dal corridoio se le sale operatorie sono in funzione oppure se non lo sono.

Quel corridoio è l’accesso a 4 sale operatorie. In quel corridoio sono presenti adesso solo 4 barelle, ad attività in corso, ciascuna davanti alla propria sala operatoria (sono le barelle con le quali è arrivato ciascun paziente). Se non c’è la barella davanti alla Sala Operatoria significa che o è finito l’intervento e si sta trasportando il soggetto dal letto operatorio alla barella (dentro la sala), oppure che il paziente è già entrato in Recovery Room. Comunque, se non c’è la barella davanti alla sala, è imminente o immediata la necessità di sanificare l’ambiente. Questo è il segnale che interessa gli ausiliari. Ora è visibile. Prima, nel caos delle barelle, non lo era. La conseguenza era che si doveva cercare un ausiliario. Adesso l’Ausiliario anticipa la richiesta ed è già pronto. Si sta “autonomizzando” il sistema ausiliari.

Per snellire la produzione occorre introdurre miglioramenti nell’organizzazione del lavoro, ossia spiegare chiaramente quali sono gli obiettivi di ogni settore, stabilire, dove possibile, procedure standard, coinvolgere tutti nel conseguimento dell’obiettivo prioritario. L’anticipata accettazione del paziente nel blocco operatorio, l’anticipata sanificazione e il tempo di riordino dei ferri chirurgici, concorrono a migliorare i tempi di set up (che a sua volta concorre al tempo di completamento o lead time).

La tendenza nella stesura dei primi PDTA è sempre quella di fare relazioni separate e trasmetterle per un elaborato comune, piuttosto che parlarsi e snellire ciascuno le proprie procedure in funzione di un migliore risultato del gruppo (l’organizzazione). Nel caso delle fratture di femore, ad esempio, si parte dalla rilevazione che il tempo di attesa per l’intervento chirurgico è abnormemente alto rispetto alla letteratura scientifica valutativa nel resto d’Europa. Può essere un’occasione per iniziare da uno stato di crisi. Cosa significa in concreto disegnare la mappa del flusso del valore? Significa raccogliere in un insieme denominabile e comprensibile a tutti la serie di azioni svolte per erogare un servizio o una prestazione.

Dominabile e comprensibile. Se il processo delle azioni che si legge in un PDTA concordato da una serie di specialisti è ben scritto e comprensibile a chi legge, è certamente un fatto estremamente positivo. Accade, infatti, che non sempre sia comprensibile agli altri ciò che uno specialista ha scritto con dovizia di particolari tecnici, utili solo a far sapere a tutti che lui è un tecnico esperto e informato sulle ultime linee guida. Rimane un PDTA non comprensibile, ancorché completo. Per focalizzare l’attenzione degli attori del processo sul modello da migliorare, il processo stesso deve essere dominato. Per dominarlo occorre rivederlo periodicamente.

Il tempo da dedicare a questi interventi di revisione e snellimento è la carta vincente delle aziende snelle. Snellire un processo ne migliora il flusso. Si eliminano i rallentamenti, le perdite di efficienza, gli sprechi. Per vedere il flusso occorre dominare il processo in un quadro unico. Ecco che sarà necessario descriverlo non come flow-chart ufficiale, ma come macroprocesso ufficioso, dove saranno indicate le attività di massima, da concordare insieme.

Obiettivi funzionali

  • Aprire le diverse aree omogenee di cura a più professionisti, sul modello della terapia intensiva
  • I professionisti stessi operano in più settori di cura, sul modello dei consulenti, coinvolti in briefing quotidiani
  • L’azienda assume una suddivisione per intensità, meno frazionata di quella attuale. Mano a mano che i flussi dei pazienti prendono corpo, si riducono le barriere fra i diversi settori specialistici

Obiettivi gestionali primari:

  • Concordare gli accessi, i processi, e le logistiche leader
  • Le mappe del flusso del valore sono definite per i PDTA e i processi clinici
  • Il flusso nei processi ne indica la velocità di scorrimento e la tempistica viene definita per ciascun percorso diagnostico terapeutico
  • Il valore degli atti clinici e organizzativi che si svolgono nei processi subirà una costante revisione periodica per ridurre gli sprechi e aumentare il valore stesso

(L'articolo continua sotto al box in cui ti segnaliamo che alla collana di libri QualitiAmo si è aggiunto un nuovo titolo).

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Certamente non va sottovalutata la resistenza al cambiamento, che i collaboratori e gli operatori esercitano istintivamente verso il nuovo. Il timore di perdite di benefici, prestigio, abitudini è il maggior ostacolo all’apprendimento e all’applicazione di tecniche di miglioramento. Il ruolo del manager è comunque quello di insegnare a vedere i problemi piuttosto che risolverli. Con le limitazioni qui esposte, la tecnica è partecipativa e richiede tempo. Per introdurre l’idea della sfida verso il miglioramento, occorre la motivazione, per la quale esistono metodi di induzione anche sofisticati, quasi tutti psicologici, funzionando la leva dell’incentivo economico per poco tempo, e per periodi ridotti. Capita, infatti, che dopo il primo incentivo economico, l’impegno si orienta non sul nuovo e utile, ma sul nuovo incentivo, svuotando nel giro di un progetto l’energia motivazionale dell’organizzazione.

Far partecipare i collaboratori al processo di cambiamento può avvenire a tutti i livelli operativi. La sensazione deve essere quella di partecipare al disegno del miglioramento. Altra leva è l’evoluzione della figura infermieristica, che, aspirando ad avere maggiori responsabilità organizzative, si orienta nello svolgere ruoli più impegnativi e partecipativi. Nell’ospedale ad intensità di cure il coordinamento dei percorsi di cura avviene a carico della figura di coordinatore di area. In questo ruolo si trova margine per assunzione di responsabilità della figura infermieristica a fianco e in sostituzione di quella gestionale, intermedia fra l’Alta Direzione e il livello operativo.

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