L'UFFICIO TECNICO E LE ORGANIZZAZIONI CHE RAGIONANO PER FUNZIONI - 3

di Paolo Ruffatti

La disorganizzazione cronica delle aziende che ragionano a compartimenti stagni, cioè per funzioni, e gli effetti sull'Ufficio Tecnico

Ufficio Tecnico

Un nuovo articolo dell'ing. Paolo Ruffatti che quanti frequentano il forum di QualitiAmo ben conoscono per la sua preparazione e per la sua immensa disponibilità nei confronti dei giovani che si avvicinano per la prima volta alla Qualità.
In occasione dell'uscita della nuova edizione del suo libro "Efficienza studi tecnici professionali", Paolo ci aveva regalato un altro articolo molto interessante.
Buona lettura!

(Prima parte)

(Seconda parte)

Riprendiamo in esame i tre casi presentati la settimana scorsa per vedere quali sono le soluzioni di miglioramento basilare dell’organizzazione, che partono sempre dall’Ufficio Tecnico.

A questo proposito lasciate che vi racconti una piccola mia esperienza di quando, da giovane ingegnere al primo impiego, mi fu affidata una sezione produttiva di una grande azienda, costituita da 5 reparti per un totale di circa 600 persone. Uno dei 5 capi reparto, Il Sig. Bertani, prossimo alla pensione, mi disse: “guardi ingegnere che se uno dei miei 120 operai sbaglia il lavoro buttiamo via un’ora di lavoro, ma se sbaglio io un’ora del mio lavoro, ne buttiamo via almeno 120. Se, poi, sbaglia lei un’ora del suo lavoro buttiamo via certamente 600 ore di lavoro!" Cosi è per un Ufficio Tecnico!
Essendo al vertice della piramide creano dei disastri enormi alla base

Primo caso

Un’azienda che produce prodotti di grande serie per un mercato “misto” cioè sia prodotti consumer sia prodotti ad alto contenuto tecnico (ma i grossi numeri sono rivolti ovviamente al primo di questi due mercati) deve puntare sull’innovazione di prodotto.
L’Ufficio Tecnico deve avere un’unità di Ricerca & Sviluppo culturalmente e tecnicamente molto ben attrezzata, anzi lo studio e ricerca deve essere completata da una capacità di produrre prototipi in autonomia, senza passare dalle unità produttive ed avere al suo interno anche e soprattutto persone provenienti dalla vecchia funzione Tempi e Metodi.

Queste persone devono conoscer molto bene i principi del Pensiero Laterale*, mentre quelli di cui dicevamo la volta scorsa che lavorano al motto “abbiamo sempre fatto così” sono banditi da queste unità R&S.
Si badi bene che oggi molte aziende hanno il capo UT (di cui si fida moltissimo l’imprenditore medio) che fa personalmente le proposte di innovazione: lui e solo lui! (e considera un offesa di lesa maestà se l’ultimo arrivato si permette di criticare i frutti della sua trentennale esperienza!). Ma per me, e soprattutto per De Bono, il responsabile di R&S deve essere un creativo vero, che è capace ed ha il coraggio di rovesciare le basi della logica e ricominciare da capo e deve essere un trascinatore dei suoi collaboratori.

Le aziende di questo tipo, dicevo all’inizio, hanno subito l’attacco dei paesi a bassi costi (da fame) della manodopera, che sono partiti copiando i prodotti occidentali, dimenticando un requisito fondamentale: la qualità. Qui mi sento di dire che solo innovando il prodotto e puntando alla qualità ( fatta di precisione esecutiva, di durata, e servizi post vendita azzeccati) si può arginare l’invasione del prodotto a basso prezzo e bassa qualità. Ma aggiungo anche che il Commerciale, supportato fortemente dalla volontà strategica dell’Imprenditore, deve essere capace di aggredire il concorrente sleale con energiche e spietate campagne di pubblicità comparativa. …. Ed è già troppo tardi, perché, come ho potuto constatare recentemente, i paesi emergenti hanno capito e si stanno attrezzando con forte e decisa volontà di successo per produrre con livelli di qualità sempre crescente, abbandonando la produzione di massa a bassissima qualità e comperando macchine ed attrezzature dall’occidente (così comprando anche il know how) e puntando sulla formazione del loro personale.
Il grave errore commesso dagli Imprenditori nostrani è stato quello di andare in quei paesi SOLO per sfruttare a loro volta la manodopera di basso costo, scoprendo dopo che i costi di struttura gestionale nel paese oltremare e la logistica dei materiali/prodotti finiti ha in molti casi vanificato questo vantaggio.

Operativamente questo tipo di Uffici Tecnici deve lavorare con metodi completamente diversi dall’UT tradizionale. Vediamo quali sono questi metodi: bisogna creare dei Gruppi di progetto costituiti e guidati dall’UT, ma in cui siano presenti TUTTE le altre funzioni aziendali, che si riuniscono in apposite riunioni gestite in modo preciso e secondo queste regole fondamentali:

  • tutti devono conoscere molto bene le tecniche di brainstorming;
  • tutti devono avere una formazione anche di base sul “pensiero laterale”;
  • tutti devono avere una conoscenza profonda delle tecniche specialistiche della loro funzione di provenienza e saperle diffondere/condividere nel gruppo in modo tale da far comprendere agli altri le ragioni delle loro esigenze/scelte di soluzioni;
  • tutti devono essere persone abituate a prendere decisioni rapide di fronte a scelte progettuali, realizzative, di supporto, avendo bene in mente il “che cosa costa” di tutto ciò di cui si sta parlando, ma anche e soprattutto il costo del tempo dedicato a questo esercizio in rapporto al costo complessivo del lavoro/prodotto che si sta progettando; è inutile (oltre che dispersivo e deleterio ai fini del rispetto del programma di lavoro), infatti, incaponirsi a progettare dettagliatamente cose particolari e magari marginali prima di aver studiato e definito a spanne il prodotto nel suo complesso;
  • il lavoro del gruppo deve essere programmato

E’ anche importantissimo che il progettista che guida il gruppo di brainstorming inizi l’attività facendo uno schema a blocchi del prodotto. Come?

  • Iniziando dalla definizione di dettaglio della “funzione “ di ogni gruppo funzionale della macchina e poi di ogni parte/componente del gruppo
  • SEPARANDO la funzione che ha questo componente dalla soluzione realizzativa
  • Ripetendo le attività di brainstorming in fasi di approfondimento successive nella configurazione del prodotto, cioè nella fase successiva di passaggio dalla funzione alla soluzione realizzativa

Mi spiego meglio con un esempio.
Se due parti/gruppi del prodotto debbono essere connesse l’una all’altra bisogna capire perché devono essere connesse e poi come: se devo unire due superfici piane (tipo flangia) posso usare dei bulloni passanti o con prigioniero (avvitatura), solo se le due parti hanno bisogno di avere un accoppiamento mobile e le sollecitazioni cui sono sottoposte sono di distacco assiale, ma se la sollecitazione è solo di spostamento (sollecitazione a taglio), basterà una spina, oppure se l’accoppiamento deve essere fisso si può anche incollare o saldare (a seconda del tipo e intensità della sollecitazione) … oppure si può eliminare questa giunzione costruendo un componente strutturalmente unico?
Ricordo a questo proposito che il motore della 127 “fire” dei primi anni ’70 fu oggetto di riprogettazione ad opera di un gruppo costituito da FIAT e Renault, partendo da un motore collaudato come quello della 850, riducendo alla metà i componenti. Se volete un dettaglio su queste tecniche cisono molti buoni libri sulla Design Review e/o sulla Value Analysis che teorizzano e dettagliano molto meglio di quanto ho fatto qui sopra; a me preme qui evidenziare che le tecniche di progettazione innovativa esistono e sono LA soluzione nell’innovazione di prodotto.

Non mi stancherò però di consigliare tutto il personale di ogni UT di applicare in modo esteso le tecniche del Pensiero Laterale, per stravolgere i prodotti e farne dei nuovi cavalli di battaglia vincenti della propria azienda.
Un esempio: un mio cliente lavorava in un settore di produzione di macchine di medio-grande serie, combattendo (e perdendo regolarmente) contro due o tre grandi multinazionali che comandavano nel mondo. La configurazione di quelle macchine era a sviluppo orizzontale, più grandi, più piccole , con produttività diverse e accessoriate in mille modi diversi, ma orizzontali. Il che obbligava gli utilizzatori a dotarsi di altre strutture e mezzi di produzione per servire queste macchine. Il mio cliente decise di proporre al mercato una macchina a sviluppo verticale, risolvendo così tanti problemi degli utilizzatori medio piccoli che non avevano la forza di imporre alle multinazionali le loro esigenze ( e che le multinazionali avevano bellamente sottovalutato). E’ stata la rivoluzione copernicana del settore: il mio cliente si trovò nei guai per la valanga di ordini ricevuti, da clienti disposti ad accettare tempi di consegna di 12- 18 mesi, contro i 6-7 mesi delle macchine orizzontali**

La nota caratteristica di questo tipo di azienda è la grande importanza di questo lavoro di gruppo che riunisce attorno all’UT le esperienze di tutte le altre funzioni aziendali. Ciò permette due importantissimi effetti:

  • non fare o per lo meno limitare errori di progettazione che metterebbero in seria difficoltà tutte le altre funzioni a valle e/o farli emergere immediatamente, in modo da non bloccare il progetto ad ogni scoperta di errore. Errori scoperti magari in fase finale del processo, costringendo a disastrosi dietro front e riprese da capo di importanti settori di progetto; scoprire ad esempio che una parte in produzione non è fattibile con le tecnologie attuali, quando già il materiale ed attrezzature sono state approvvigionate e bisogna buttare via tutto per acquisirne una di nuova, può far ritardare drammaticamente il progetto***
  • partire tutti in parallelo con gli studi di approfondimento aprendo a ventaglio immediatamente tra diversi gruppi di progettazione, dopo aver definito le interfacce ( quelle irrinunciabili e immodificabili) tra le varie sezioni del progetto e definito il progetto di massima, accorciando drasticamente il tempo di progettazione, spendendo in tempi solari brevissimi una gran parte delle ore di progettazione (vedere la nota 8 anche per questo aspetto)

Poi i grandi numeri di questo tipo di produzione sono un grave pericolo di inefficienza e quindi le attività di tutte le funzioni a valle della progettazione devono essere studiate e progettate con maniacale accuratezza: un errore anche piccolo in sé può bloccare tutta la macchina dell’azienda.

Il terzo grande pericolo di questo tipo di aziende è l’inadeguatezza dei Commerciali a definire i dati di ingresso alla progettazione: la preparazione professionale delle persone che operano in questa funzione commerciale, e segnatamente la conoscenza delle tecniche di analisi del mercato, come già detto sopra, riveste una importanza strategica per il risultato finale dell’azienda.

Secondo caso

Aziende produttrici di piccola serie (macchine impianti più complessi e con personalizzazioni) In questo tipo di azienda l’Ufficio Tecnico, abbiamo visto avere maggiore “peso” e colloquiare con clienti tecnici, ma anche qui lo scollamento con il Commerciale può portare a errori iniziali fatali.
Vi racconto un esempio di un costruttore di impianti “standard”, per certi versi modulari costituiti cioè da moduli standard assemblati, ma quasi sempre si tratta di impianti personalizzati . Questa azienda produce per Big Pharma (mercato ricchissimo): vado nella loro officina e vedo un impianto “standard” che ha un grosso armadio fatto di acciaio inossidabile (tutto bello satinato) e chiedo che cosa contenga; mi dicono che si tratta del quadro elettrico di potenza. Io trasecolo (non riesco di solito a dimostrare freddezza di fronte a cavolate enormi) e chiedo perché questo quadro debba essere fatto interamente di acciaio inox (e, aprendolo, scopro che è praticamente vuoto). La risposta disarmante è stata: “non so perché, ma tempo fa un cliente ha voluto questo tipo di contenitore e noi glielo abbiamo fatto e poi abbiamo pensato di farlo per tutti i clienti, perché esteticamente è molto valido” (indipendentemente dal fatto che il cliente paghi o meno questo inutile lusso!)
Per raccontarvela tutta abbiamo fatto una serie di incontri di analisi del valore e sono state stravolte non solo le soluzioni costruttive ma rivisti molti concetti di base progettuali, uno dei quali era già stato pensato dall’UT autonomamente**** e cioè il passaggio da azionamenti elettrici con supervisione elettronica, al posto del tradizionale movimento meccanico pesante.
Si noti che il passaggio dal sistema meccanico a quello elettrico elettronico sta avendo risvolti molto importanti, come si può facilmente intuire, tra l’altro, sulle conoscenze del personale della funzione Manutenzione e quindi della composizione di questo reparto. In questo caso quindi:

  • è meno essenziale lo studio di mercato da parte della funzione di Marketing per la definizione dei prodotti da offrire al mercato (dato che abbiamo un rapporto diretto azienda Cliente)
  • è più importante la capacita di UT di fare efficienza di prodotto (e quindi di costi) a partire dal progetto, avendo le scelte progettuali da loro esercitate una influenza basilare su tutta l’attività a valle dell’azienda
  • non cambia comunque la necessità di utilizzare sempre e comunque il pensiero laterale per la creazione di nuovi prodotti e/o miglioramento degli esistenti
  • è forte la necessità di collegamento operativo tra UT e funzione Acquisti per l’ottimizzazione delle scelte progettuali sulla base della disponibilità di componentistica, di tecnologie e/o di capacità specialistiche dei possibili fornitori per “comperare” i frutti della loro specializzazione

La nota caratteristica di questo tipo di azienda è:

  • il grave pericolo che l’UT sia colui che sceglie le strategie aziendali, nel senso che viene a mancare la forte presenza del mercato attraverso il marketing come succedeva nell’azienda di tipo UNO e quindi le scelte progettuali sono decise in massima parte dall’UT autonomamente
  • l’attenuata attenzione ai costi di dette scelte progettuali e dei costi generati a valle del processo di progettazione. In effetti, nella mia esperienza, ho visto in numerose PMI di questo tipo non solo situazioni disarmanti sulla conoscenza di base dei costi dei loro prodotti, ma anche la mancanza della cultura degli operatori di UT sull’influenza capitale del progetto sui costi aziendali e non solo sui costi del prodotto in sé

Terzo caso

Aziende impiantistiche di impianti complessi (uno-due pezzi per volta), ma con sezioni di impianto “simili”.
Le aziende di questo tipo hanno un UT che è ancora più forte e determinante è la sua impronta sul prodotto. In questo tipo di azienda, che è molto vicina ad una società di ingegneria pura, il periodo di attraversamento dell’ordine cliente dedicato alla progettazione assume un’importanza non solo per la sua lunga durata, ma anche e soprattutto sulle conseguenze ingenerate nel resto del percorso a valle.

E’ necessario analizzare per bene quello che succede sulle curve a ESSE di sviluppo del progetto, se la gestione dell’UT viene fatta con i metodi “tradizionali”.
Faccio un breve excursus su che cosa sono le curve a esse, riportando una figura e un paio di paragrafi tratti dal mio libro sulla efficienza degli studi professionali di ingegneria:

Ufficio Tecnico

Questo diagramma viene detto di curva a “S”, è ben noto ai project managers e ci fa vedere come le attività di inizio e fine di qualsiasi lavoro***** sono aree di bassa efficienza.
Vedete che il tempo trascorso OA per spendere le ore OD è di poco inferiore al tempo AB, speso a produrre un volume di lavoro DE che è almeno il triplo di OD e, similmente, per produrre le piccole finiture, cioè un risultato minimo in termini di fatturato, che in gergo si chiama la “coda” di commessa EF, richiede il tempo lunghissimo BC.
Se non si organizza bene il lavoro e si tiene sotto controllo lo sviluppo di queste attività di inizio e di fine di un lavoro, sia per le commesse di lunga durata (omissis), i costi di commessa si dilatano in modo molto significativo. Anzi per le piccole commesse, vedete che la somma dei tempi OA + BC è almeno il 60% del tempo di produzione avviata AB in cui si riscontra la massima efficienza. Quindi possiamo concludere che se all’apertura commessa è tutto chiaro, ci sono tutti i dati e l’operatore sa perfettamente quello che deve fare, il tempo AB si accorcia drasticamente (omissis).

In un’azienda che progetta e produce macchine /impianti di poche unità, l’UT quasi sempre non si rende conto che il suo voler definire il progetto in ogni suo particolare prima di passarlo a valle alla funzione Tempi e metodi e poi agli Acquisti e poi alla Produzione, è spesso causa di ritardi inaccettabili e certamente fuori controllo Il dominio del capo dell’UT è proprio quel primo segmento della curva, che illustra con chiarezza la tecnica “solita” del partire a progettare con un solo uomo (il capo dell’UT) e poi allargare il lavoro ad aiutanti che devono sviluppare pezzetti del lavoro, per poi restituirli al capo che li ricuce assieme e completa da solo.

Questo primo segmento è “piatto” che vede scorrere il tempo di attraversamento, mentre le ore a valore aggiunto che si accumulano sono poche. La tecnica che ho illustrato della simultaneous engineering, permette non solo di abbreviare grandemente i tempi di consegna, mettendo tutta l’azienda in condizione di partire simultaneamente a fare il proprio segmento di lavoro, ma anche e soprattutto di non dover ritornare indietro a rifare pezzi di progetto se nelle fasi successive si trovano difficoltà generate da una progettazione che non abbia tenuto conto delle esigenze di tutte le altre funzioni.

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(Vai all'articolo che descrive il primo libro)

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La nota caratteristica di questo tipo di azienda è: la necessità di gestire sistematicamente la commessa (di lunga durata), cioè tutta l’azienda non solo deve ragionare per processi, ma deve ragionare per un processo particolare che si chiama “commessa”, che ha come obiettivo il Cliente e l’organizzazione delle singole,funzioni deve ragionare su di un sistema di programmazione che definisce le priorità tra le molte commesse, quando gli interessi di una vanno a configgere con quelli di altre in una fase di progettazione / produzione ecc., cioè in un “collo di bottiglia” che va gestito da una funzione programmazione, che a sua volta ragiona secondo le priorità strategicamente definite dalla Direzione, sentite le necessità del Commerciale.

Cercherò di condensare qui sotto in una tabella il confronto tra i tre diversi tipi di azienda.

In conclusione

Ufficio Tecnico

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Note:

* Il teorico di questo “pensiero laterale” è il prof De Bono (maltese, docente alla Università di Venezia): in Internet trovate tutti gli elementi per acquistare le sue opere che sono interessantissime (e a basso prezzo)

**Per dirvela tutta grande fu lo stupore di tutti i clienti per i quali si videro arrivare le nuove macchine con meno dei 6 mesi canonici: è bastato impostare la produzione con un JIT ben fatto chiamando tutti i fornitori ad una collaborazione straordinaria per mettere in piedi una altrettanto ben fatta supply chain. Inutile dire che le multinazionali si adeguarono a ricorrere la piccola pulce che aveva svegliato il can che dorme…. Ma ovviamente molto tardi (ricordate De Cubertin?)

***Se vi leggete “La macchina che ha cambiato il mondo”(Womack, Jones, Roos, del MIT) ed. BUR, scoprirete che con questo metodo di lavoro la Toyota mette in strada una nuova macchina in 4 anni. La Fiat in 10 (dieci!)

****è vero che il cliente definisce lui i dati di ingresso, specie per le personalizzazioni, ma il Cliente esercita il suo potere solo sulle prestazioni della macchina e poco altro, mentre non può che accettare la parte progettuale di base e le soluzioni costruttive senza poter esercitare scelte importanti.
Ad esempio: l’azionamento meccanico anzichè elettronico, di cui sopra, è una scelta del tutto autonoma dell’azienda e fa parte di quell’80% della macchina che è affidato alla creatività di chi vive nell’UT

*****Anche le attività di cantiere possono essere rappresentate da una curva ad “S”: il direttore dei lavori, può anzi dividere la curva complessiva in tante curve, una per ogni area / impianto / manufatto e gestire con attenzione inizio e code (con mentalità di previsione, non da “via col vento”: domani è un altro giorno…..!). Quindi tutta l’attività di cantiere è rappresentabile da un fascio di curve a “S” ed il DL tende sempre ad aprire tanti fronti in parallelo  per evitare che questo fascio di curve si estenda in larghezza.

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