IL CAPO E LA DELEGA VERSO L'ALTO: LE 6 COSE CHE UN CAPO DEVE SAPER FARE

di David Cariani

In occasione dell'uscita del libro "Le 6 cose che un capo deve saper fare, abbiamo chiesto alla casa editrice FrancoAngeli di poterne ricevere una copia per presentarvene un estratto.
Siamo stati accontentati. Buona lettura!

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(Tratto dal libro: "Le 6 cose che un capo deve saper fare" di David Cariani di cui la casa editrice FrancoAngeli ci ha gentilmente concesso la possibilità di condividere un estratto).

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In questo capitolo apprenderai ad utilizzare la delega per diminuire il tempo che dedichi ad attività urgenti ma non importanti e per favorire lo sviluppo dei tuoi collaboratori.
Una riflessione a parte in questo capitolo dedicato al miglioramento della propria efficacia e della capacità di gestire se stessi merita un fenomeno particolare ed estremamente pericoloso e pervasivo che spesso caratterizza il lavoro del capo intermedio e i rapporti con i suoi collaboratori. E' il fenomeno della delega verso l'alto (Oncken e Wass, 1999), cioè quel particolare meccanismo attraverso cui i collaboratori riescono a trasferire sul proprio capo la responsabilità di attività che dovrebbero risolvere e affrontare loro stessi.

Ipotizziamo che un capo intermedio, entrando in azienda, veda un suo dipendente che si dirige verso di lui. Quando si trovano di fronte, il collaboratore lo saluta dicendogli: "Buongiono, capo. Ah! A proposito, abbiamo un problema. Vede..."

Mentre il collaboratore espone il problema, il capo individua in qesto le due caratteristiche comuni a tutte le "grane" che i suoi collaboratori gli sottopongono. Cioè, egli ne sa abbastanza per essere coinvolto, ma non abbastanza per poter prendere quella decisione immediata che ci si aspetta da lui. Alla fine, il capo dice: "Grazie per avermi informato. Adesso devo risolvere un'altra questione, ma ci penserò e le farò sapere qualcosa".
E a questo punto i due si separano.

Analizziamo quanto è accaduto.
Prima che i due si incontrassero, chi aveva il problema? Il collaboratore, naturalmente. Dopo questo breve dialogo il problema è diventato del capo.
Gestendo con poca avvedutezza e consapevolezza il dialogo con il collaboratore, il capo ha consentito al collaboratore di invertire i ruoli e renderlo suo subalterno facendo due cose che generalmente un collaboratore è chiamato a fare per il suo capo:

  • si è accollato una responsabilità passatagli dal suo subordinato;
  • gli ha promesso di relazionarlo sugli sviluppi

Più avanti, tanto per assicurarsi che il suo capo non abbia accantonato il problema, il subordinato si affaccerà alla porta dell'ufficio del manager e gli chiederà: "Allora, a che punto siamo?"

Immaginiamo adesso un'altra situazione. Poco dopo, al termine di una riunione di lavoro con un altro collaboratore, il capo lo saluta dicendo: "Bene, mi mandi un promemoria al riguardo".

Esaminiamo questa seconda situazione. Ora la palla, cioè il problema, è nella metà campo del collaboratore perché spetta a lui la prossima mossa. Il collaboratore scrive diligentemente il promemoria richiesto e lo invia per email al suo capo. La palla è, in un attimo, nella metà del campo del capo. Poco dopo il capo legge il promemoria.
A chi spetta adesso la mossa? Al capo. Se non prenderà velcoemente una decisione, riceverà dal suo subordinato una email di sollecito (e questa è un'altra forma di supervisione). Quantro più a lungo ritarderà nel rispondere, tanto più intensa diventerà la frustrazione del collaboratore e tanto più colpevole si sentirà il capo, mentre aumenta il suo arretrato di risposte da dare ai collaboratori.

Siamo a metà mattina e il capo ha già accumulato due problemi da risolvere, sottraendoli, per così dire, alla responsabilità dei collaboratori. Dovendosi dedicare a risolvere i problemi che i collaboratori gli hanno abilmente trasferito, al capo non rimane tempo per dedicarsi alle attività che, invece, aveva programmato di realizzare, quelle proprie e importanti del suo ruolo.

Perché capita tutto ciò? Perché in ciascun caso il capo e il collaboratore fin dall'inizio partono, intenzionalmente o no, dal presupposto che la questione in causa sia un problema comune.
Di fronte a situazioni di questo tipo è importante che il capo riesca a riconoscere i modi, sudboli, con cui responsabilità e compiti dei suoi collaboratori diventano suoi. Il capo dovrà spiegare ai propri collaboratori, rispettare e far rispettare il seguente principio: "Quando un collaboratore mi chiede aiuto per risolvere un qualsiasi problema, ciò non significa che il suo problema debba diventare il mio problema. Quando ci incontriamo per discutere, il problema esce dal mio ufficio esattamente come vi è entrato, cioè nella metà campo del collaboratore. Se il collaboratore mi chiederà di incontrarmi nuovamente io potrò aiutrarlo stabilendo insieme quale dovrà essere la prossima mossa e chi di noi due dovrà compierla. Nei casi rari in cui dovesse risultare che la prossima mossa spetta a me, la decideremo insieme. Non farò nulla da solo".

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La soddisfazione che il capo intermedio ha quando ogni collaboratore esce dal suo uffico è quella di vedere che il problema sta nella metà campo giusta, cioè quella del collaboratore. Nelle ore successive non sarà il collaboratoree ad aspettare il capo, ma sarà il capo che aspetterà il collaboratore.
Più tardi, utilizzando il suo tempo in modo più costruttivo, il capo potrà andare fino all'ufficio del collaboratore, affacciarsi alla porta e chiedere: "Allora, a che punto siamo?"

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PER SAPERNE DI PIU':
La sezione dedicata al Responsabile Qualità
I mansionari di responsabili e addetti
Lettera a perta a proprietari e manager delle PMI