DAL TOYOTISMO ALLA NEW ECONOMY

di Antonio Simeone - @ltro Molise

 

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L'impresa fordista era caratterizzata dall'idea che bisognasse produrre la maggiore quantità possibile per un mercato concepito come illuminato.
L'azienda in questo caso dominava l'ambiente ma quando l'offerta iniziò a superare di gran lunga la domanda ecco che iniziò l'era del dopo fordismo e le nuove ere del "just in time", così del Toyotismo ed infine della New economy.

Taichi Ohno è stato il padre fondatore del cosiddetto Toyota Production System, ovvero, della cosiddetta fabbrica integrata che ha favorito il passaggio dalla standardizzazione del sistema fordista a quello personalizzato e senza difetti, dalla sovrapproduzione al produzione solo di ciò che viene richiesto dal mercato (just in time), in questo modo, la grande impresa venne smantellata e al suo posto nacque la fabbrica cosiddetta minima, dove non ci sono scorte, magazzini, mano d'opera, ma dove c'è un'enorme tecnologia al servizio della lean production (produzione snella).

La new economy, è dunque, un'economia che si basa sulle funzioni intellettuali della produzione, ovvero ricerca, innovazione tecnologica, ecc., un'economia che Rifkin definiva “priva di peso”, a natura paradossalmente immateriale.
Si è passati così dalla standardizzazione del prodotto della logica quantitativa (modello fordista) ad un modello di personalizzazione del prodotto, senza difetti e con una qualità elevatissima.

La new economy è una corsa verso questi beni immateriali che incrementano la cultura del sistema aziendale da un lato e dall'altro questo modello coincide con l'ideologia capitalistica, che ha natura essenzialmente consumistica.

L'economista Boninsegni affermava che il fatto che si approvi che la gente consumi sempre di più indica che il consumo è l'alimento grazie al quale essi edificano la new society.
La new economy, dunque, sembra creare i presupposti della vita intesa come sfida, infatti, mentre per la maggior parte delle persone consumare le merci pubblicizzate significa gratificazione a sfondo narcisistico, per le “new firms” si rende l'obbligo di nascondere questa stessa ideologia.
In altre parole le new firms creano prodotti pubblicizzati in maniera subdola ma specifica, gli utenti non si rendono conto di essere “vittime” del sistema.
La new economy si caratterizza per la quasi completa virtualità del mercato e del monopolio apparente su certi prodotti e servizi, vedi Microsoft.

La crisi, se così la si può definire, perché ha avuto una natura quasi esclusivamente finanziaria e non ideologica ha riguardato come disse l'ex presidente della Federal Reserve, Alan Greenspan, le eccessive aspettative che si erano riversate sulla new economy. Lo stesso Greenspan, infatti, parlava continuamente di irrazionale esuberanza.
I cosiddetti monopoli apparenti sono però divenuti del tutto reali e le nuove tecnologie di rete hanno dato modo alle aziende tradizionali di essere più efficaci strategicamente ed efficienti a livello produttivo. Ma l'avvento della new economy ha creato anche l'illusione di poter fare ingenti guadagni da parte delle innumerevoli start – up che si sono create e che poi, per la maggior parte, sono fallite.
Non era il sogno che è andato in crisi, è stata la solita speculazione che si è andata formando intorno al sogno.

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Qualche anno fa Giorgio Bocca, scrisse che "La new economy è una cosa molto seria nei suoi effetti. Mai nella storia del capitalismo si era assistito a uno spostamento così rapido e colossale e spesso arrischiato di mezzi finanziari".
Concludendo, la new economy è stata una grande idea, un nuovo mezzo produttivo e perché no culturale, ma come ogni fenomeno che ha natura economico finanziaria finisce per essere inondato dalle aspettative di lauti guadagni da parte degli investitori. Sono questi lauti guadagni che hanno messo in crisi il sistema. Come al solito.

(Fonte: @ltro Molise)

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