PERCHE' TI COMPORTI COSI'?
di Claudio Funes "Eccellere"
Il contributo delle neuroscienze alla formazione dei comportamenti organizzativi. Quando ci prefiggiamo uno scopo, il nostro cervello produce segnali di scostamento dal risultato (errore) che producono elementi importanti per correggere il nostro comportamento in modo da renderlo sintonico all’obiettivo desiderato.
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Nel bel saggio “Perché l’hai fatto?” appena pubblicato da Raffaello Cortina Editore, l’autore Read Montague, professore presso il dipartimento di Neuroscienze del Baylor College of Medicine di Houston, pone ai lettori due semplici domande: “Come facciamo le nostre scelte?”; “E qual è il costo di ciascuna di esse?”.
Montague risponde che i due “compagni di strada” che hanno influito sul nostro sistema neuronale rispetto agli esiti delle due domande poste sono il valore e il costo. Essi hanno determinato il corso della storia dell’umanità, dall’Homo sapiens ai nostri giorni. Il valore è associato ad uno scopo che rappresenta lo stato che un individuo desidera raggiungere. “Voglio diventare il prossimo presidente degli Stati Uniti” oppure: “Voglio risolvere il problema dell’esistenza degli infiniti primi di Cullen” sono due esempi.
Quando ci prefiggiamo uno scopo, di breve (realizzare una vendita), medio (riorganizzare una rete commerciale) o lungo periodo (diventare Presidente degli Stati uniti!) che sia, il nostro cervello produce segnali di scostamento dal risultato (errore) che producono elementi importanti per correggere il nostro comportamento in modo da renderlo sintonico all’obiettivo desiderato. Montague afferma che, nel cervello, questi errori emergono come differenze che tra lo stato desiderato e quello attuale. Questi due stati (valori) sono computazioni (calcoli) che il nostro cervello ha assorbito e che rappresentano “voleri” appresi.
Il cervello comincia la sua vita già con un certo numero di “voleri” e, con il passare del tempo e delle esperienze, continua ad apprenderne di nuovi.
Il nostro sistema nervoso, prosegue Montague, occupa gran parte delle proprie risorse ed energie per imparare dall’esperienza diretta. Ma, questo formidabile sistema è in grado anche di apprendere sia dalle esperienze indirette (di altri) sia da ciò che sarebbe potuto accadere e non è accaduto. Questo significa che, ognuno di noi è alla continua ricerca di informazioni riguardo ciò che sarebbe potuto accadere e realizza modelli di comportamento che, nutriti dalle continue informazioni in entrata, si migliorano continuamente. Il nostro cervello è in allenamento allo stato permanente!<7
L’altro compagno di strada, il costo, trova la sua ragion d’essere nel concetto di efficienza che caratterizza il comportamento di ogni essere vivente guidato dalla ricerca del l’ottenimento delle maggiori possibilità di sopravvivere, riprodursi e continuare il perpetuarsi delle generazioni successive.
Il cambiamento rappresenta forse il fenomeno più odiato e amato con il quale gli esseri umani si siano, da sempre, confrontati. Esso è sia una fonte di minaccia sia una possibile opportunità. Siamo in bilico tra il sapere cosa accadrebbe se… e cosa se non… Il formidabile processo che ci ha da sempre aiutato a ridurre l’incertezza, di noi individui, di noi quando siamo gruppi e quando viviamo le organizzazioni è l’apprendimento inteso come costruzione perenne di modelli che minimizzano fortemente l’incertezza e l’ignoranza che da essa spesso deriva.
Grazie ad alcuni esperimenti di brain imaging è possibile distinguere due fondamentali sistemi di apprendimento del nostro cervello: uno diretto ad uno scopo (goal-learning) e uno diretto ad un’abitudine (habit-learning). I primi costituiscono i comportamenti che assumiamo quando siamo alla ricerca del cambiamento, mentre i secondi rappresentano il punto di arrivo dei comportamenti innovativi che, nel corso del tempo, si sono dimostrati più efficaci ed efficienti in termini di massimizzazione del valore perseguito e di abbattimento del costo sostenuto ad assumere lo specifico comportamento. Essi così hanno l’opportunità di consolidarsi e di diventare automatismi che agiamo senza neppure rendercene conto. Sono le competenze implicite costituite dalle conoscenze (sapere) dalle capacità (saper fare) e dalle abilità (saper essere).
A questo punto, Montague chiede ai lettori: “Come possiamo “infrangere” le regole che abbiamo appreso e che sono diventate abitudini mentali consolidate?”. In altri termini: “Come possiamo misurare neurologicamente la nostra capacità di scelta di modificare i nostri comportamenti mediante una scelta volontaria?”
I nostri comportamenti automatici diventano abitudini nello stesso modo con il quale accumuliamo le esperienze della vita con il passare degli anni. Le abitudini, che gli Analisti Transazionali definiscono messaggi di copione, guidano i nostri comportamenti, ampiamente sperimentati, facendoci talvolta fare la scelta giusta e talvolta no. Alcuni esempi: “Lavati sempre i denti prima di coricarti”; “Mastica per bene il cibo così la tua digestione sarà facilitata” rappresentano due buone abitudini che ognuno di noi sottoscriverebbe senza indugi. “Nel lavoro bisogna sempre sgomitare”; “Chi picchia per primo, picchia due volte” ; “Non farti mai degli amici sul luogo di lavoro” sono prescrizioni frutto di esperienze passate che, se furono d’aiuto in una o più situazioni passate e specifiche, se assunte come sempre vere, attuali e incontrovertibili, rischiano di essere inadeguate se riproposte nel qui-ed-ora in modo arbitrario e privo di un esame di realtà.
La sfida odierna, per la neuroscienza, è riuscire a misurare come l’uomo prende decisioni che cambiano i comportamenti automatici. Scomodando ancora l’Analisi Transazionale, la sfida è misurare come i messaggi di copione, e, in modo più specifico, i Programmi dell’Adulto contaminato dalle contro ingiunzioni genitoriali, possano essere arginati dalla capacità di scegliere in termini di volontarietà.
Per Montague e i suoi colleghi, sembra che siano le idee, o meglio, i valori associati alle idee, che determinano il cambiamento dei nostri comportamenti e a loro successiva decantazione. Questo significa che, nel cervello, la corteccia prefrontale, sede principale del pensiero logico-razionale, sia in grado di controllare le nostre azioni attraverso la valutazione del valore e del costo di tali azioni associate ad un’idea. Sembra che la corteccia utilizzi il valore associato all’idea e che sfrutti la dopamina (neurotrasmettitore con funzioni eccitatorie) come veicolo per la creazione di impulsi nervosi che determinano i nostri comportamenti. Successivamente il cervello riceve un segnale di apprendimento che diventa automatismo comportamentale. Non è ancora chiaro, scrive l’autore, come questo processo si verifichi nel nostro cervello ma alcuni esperimenti condotti affermano che è proprio così che avviene. Non sappiamo ancora come ma sappiamo che accade.
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Se le idee, dunque, sono in grado di cambiare i nostri comportamenti, non solo secondo la nota lettura cognitivista ma anche da quella neuro scientifica, eventuali danni alla corteccia prefrontale, così efficacemente descritti dal neuroscienziato Antonio Damasio nel suo ottimo saggio “L’errore di Cartesio” , impediscono di mettere in crisi il sistema delle abitudini comportamentali, privandoci di agire liberi dagli automatismi e in pieno possesso del nostro Adulto integrato.
(Fonte: Eccellere)
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