PAROLE PER FARSI CAPIRE - 2

Vi proponiamo un estratto dal libro "Guida all'uso delle parole" di Tullio De Mauro che abbiamo giudicato un testo estremamente interessante per imparare a parlare e scrivere in modo semplice e preciso per farsi capire meglio dagli altri

comunicazione


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(Prima parte)

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La grande libertà di scelta che abbiamo con le parole abbiamo anche con le frasi. I tipi di frase possibili in una lingua sono infiniti ma, anche a badare soltanto ai tipi più comuni, ci troviamo dinanzi a una massa sterminata.
Dalle frasi "monoreme" fatte di una sola parola ("Grazie", "No", "Via!"), si passa alle frasi fatte da più parole, ma senza verbo ("Per di qui", "Via libera", "Scarpe grosse cervello fino"). E da queste si passa a frasi più complesse, fatte di più parole raccolte intorno a un verbo, cioè fatte di una proposizione.

Diversi procedimenti consentono di mettere insieme più proposizioni in una stessa frase. Il procedimento più semplice è la giustapposizione, cioè l'allineamento di proposizioni l'una accanto all'altra, senza congiunzioni ("Prendo, parto, vado via, voglio vivere come dico io"). Le congiunzioni coordinanti o avversative ("e", "ma") marcano il rapporto di proposizioni nella stessa frase. Frasi con proposizioni collegate solo da congiunzioni coordinanti si dicono paratattiche (dal greco "parà", accanto, e "taktikos", ordinato). Il procedimento più complesso è la subordinazione: una proposizione viene scelta come principale e le altre vengono collegate ad essa attraverso congiunzioni subordinanti, tipo "quando", "perché", o attraverso i pronomi relativi ("che", "in cui", "da cui", ecc.).

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Una lunga tradizione scolastica raccomanda le frasi con subordinate come più logiche o gradevoli. In realtà, dall'antichità classica ai nostri giorni grandissimi scrittori hanno preferito frasi solo debolmente ipotattiche.
Dal punto di vista del gusto non è facile decidere. Scrittori che usano frasi brevi e debolmente ipotattiche raggiungono risultati artistici non meno famosi di scrittori che preferiscono frasi ampie e ipotattiche. E se è vero che frasi troppo lunghe possono stancare i lettori, è vero pure che il susseguersi di frasi brevi può alla lunga riuscire noioso, monotono e, alla fine, altrettanto stancante.

Lasciamo perciò da parte la questione del gusto. Limitiamoci ad alcune considerazioni pratiche.

L'uso di frasi brevi, dunque debolmente ipotattiche, favorisce la comprensione di un testo. Frasi più lunghe di venti parole riescono di difficile comprensione a chi ha livelli scolastici modesti. Possiamo usarne una, due, se ci servono. Troppe stancano.

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In generale, non vi è frase che non guadagni in chiarezza semplificandone i rapporti di dipendenza tra le proposizioni che la compongono.

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Si può constatare che la semplificazione dei rapporti ipotattici e la loro trasformazione in paratattici o, al limite, giustappositivi, non soltanto favoriscono l'accessibilità alla frase, ma consentono di abbreviarne notevolmente l'estensione. Non usate proposizioni dipendenti. Usate proposizioni coordinate. Oppure spezzate in due la frase. Guadagnerete in chiarezza e anche in rapidità.
Naturalmente è onesto sottolineare, oltre i vantaggi, gli svantaggi delle frasi brevi, di sintassi semplice. Frasi brevi e limpide si capiscono bene. La mente del lettore o dell'ascoltatore non è tutta impegnata nello sforzo, a volte disperato, di uscire dall'intrico delle subordinate. La mente del lettore può correre alla sostanza concettuale e un maggior numero di menti può dedicarsi a questo compito. Di conseguenza, se nel ragionamento c'è un punto debole, le frasi brevi e lineari rendono più facile scoprirlo.

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Chi vuole che il suo punto di vista non sia sottoposto a controlli e verifiche, farà bene a usare frasi molto lunghe, ricche di subordinate e incastrate una dentro l'altra. Chi desidera sottoporre alla verifica e al controllo dei lettori i propri ragionamenti li versi in frasi brevi, lineari.

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