CAMBIARE UN'ABITUDINE PER INNESCARE
IL PROCESSO DI MIGLIORAMENTO - 2

di Staff di QualitiAmo

Cambiare una sola abitudine può far cambiare tutta la nostra vita. Eccovi un estratto del libro di Charles Duhigg dal titolo "La dittatura delle abitudini"

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(Tratto dal libro: "La dittatura delle abitudini di Charles Duhigg

(Prima parte)

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Le abitudini (...) sono alla base del nostro comportamento. Possiamo anche non ricordare le esperienze che danno forma alle nostre abitudini, ma una voltra immagazzinate nel cervello influenzano il nostro modo di agire - spesso senza che noi ce ne rendiamo conto.

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E' il bisogno che innesca segnali e gratificazioni. Il bisogno è alla base del "loop habit", il circolo dell'abitudine.

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Il segreto è comprendere la psicologia umana. Una psicologia basata su due regole elementari:

  • primo, trovare un segnale semplice e ovvio
  • secondo, definire chiaramente le gratificazioni

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Ad esempio, studi su soggetti che hanno iniziato con successo nuove routine di esercizio fisico mostrano che ci sono più probabilità che seguano un piano d'allenamento se scelgono un segnale specifico, come ad esempio correre appena tornati dal lavoro, e una gratificazione chiara, come una birra o una serata davanti alla tv senza sentirsi in colpa.

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Queste due regole però non bastano.
Se si vuole creare un'abitudine è necessario soddisfare una terza regola (...) che spiega tutto, dal perché è così difficile ignorare una confezione di merendine a come una corsa mattutina può trasformarsi in una routine quasi riposante.

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Non c'è niente di programmato nel nostro cervello per cui vediamo una confezione di merendine e automaticamente desideriamo qualcosa di dolce (...) ma quando il cervello apprende che una confezione di merendine contiene zucchero e altri carboidrati, comincerà ad anticipare la sensazione piacevole offerta dallo zucchero. Il cervello ci spingerà verso la confezione. Se non mangiamo la merendina, proviamo un senso di delusione.

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E' così che si formano nuove abitudini: associando un segnale, una routine e una gratificazione, quindi coltivando un bisogno che innesca il loop.
Prendiamo ad esempio il fumo. Quando un fumatore vede un segnale, ad esempio un pacchetto di sigarette, il suo cervello anticipa il sollievo offerto dalla nicotina.E' sufficiente che il soggetto veda le sigarette perché il suo cervello senta il bisogno di una dose di nicotina. Se la nicotina non arriva, il bisogno aumenta finché il fumatore prende una sigaretta senza neppure accorgersene.

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Certe abitudini particolarmente forti producono reazioni simili alle dipendenze, così il desiderio si trasforma in bisogno ossessivo, spingendo il nostro cervello a usare il pilota automatico perfino di fronte a forti disincentivi, fra cui la perdita della reputazione, del lavoro, della casa e della famiglia.

Questi bisogni compulsivi, tuttavia, non hanno un potere assoluto su di noi.

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Gli studiosi hanno scoperto che molte delle persone che facevano esercizio fisico almeno tre volte alla settimana avevano incominciato quasi per caso (...) tuttavia la ragione per cui continuavano, ossia per cui l'attività fisica era diventata un'abitudine, era una particolare gratificazione di cui sentivano un forte bisogno.

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LA COLLANA DEI LIBRI DI QUALITIAMO

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Se volete cominciare a correre tutte le mattine è fondamentale che scegliate un segnale semplice (come allacciarsi le scarpe da ginnastica prima di colazione oppure lasciare maglietta e pantaloncini vicino al letto) e una gratificazione chiara (ad esempio un buon pranzo, la soddisfazione di annotare i chilometri percorsi) (...) ma innumerevoli studi hanno dimostrato che di per sé segnale e gratificazione non sono sufficineti a consolidare una routine.
Solo quando il cervello aspetta la gratificazione diventa automatico allacciarsi le scarpe da jogging ogni mattina.

Il segnale non deve solo innescare una routine, ma deve anche suscitare il bisogno della gratificazione.

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PER SAPERNE DI PIU':

L'influenza della leadership sulle abitudini e sul comportamento del gruppo
L'importanza di individuare le cose di routine nella propria organizzazione