LAVORARE FINGENDO DI ESSERE UN
UNICORNO

Un articolo di Staff di QualitiAmo

Cosa c'entrano gli unicorni con il successo professionale? Ce lo spiega Shawn Achor, psicologo sostenitore della psicologia positiva

unicorno

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Recentemente, ci siamo imbattuti in un video di Shawn Achor, psicologo che è a capo di GoodThink e che ha raccontato questo aneddoto che appartiene alla sua infanzia:
"Quando avevo sette anni e mia sorella ne aveva solo cinque, stavamo giocando su un letto a castello. Avevo due anni più di mia sorella e a quel tempo significava che doveva fare tutto quello che volevo io e, dunque, che dovevamo giocare alla guerra. Eravamo, quindi, in cima ai nostri letti a castello quando Amy scomparve dalla cima del letto per atterrare con un terribile schianto sul pavimento. Sbirciai nervosamente oltre il lato del letto per vedere cosa fosse successo a mia sorella e vidi che era atterrata dolorosamente sulle mani e sulle ginocchia e che si trovava a carponi per terra. Ero nervoso perché i miei genitori mi avevano raccomandato di fare in modo che io e mia sorella giocassimo nel modo più sicuro e silenzioso possibile. E visto che avevo accidentalmente rotto il braccio di Amy solo una settimana prima, spingendola eroicamente fuori dalla traiettoria di un proiettile di un cecchino immaginario, ero davvero nei guai. Quando vidi il volto di mia sorella che stava per lasciar esplodere un lamento di dolore, sofferenza e sorpresa che minacciava di svegliare i miei genitori dal pisolino pomeridiano feci l'unica cosa che il mio cervello di sette anni poteva pensare di fare per evitare questa tragedia. Dissi: <<Amy, aspetta. Non piangere. Hai visto come sei atterrata? Nessun umano riesce ad atterrare a quattro zampe. Credo che questo significhi che sei un unicorno>>.
Non c'era nulla che mia sorella desiderasse di più che essere un unicorno molto speciale e per questo quella di essere un animale fantastico era un'opzione assolutamente realistica a cinque anni
".

Quello che Shawn Achor vuole farci capire, usando la storiella della povera sorellina è che lei in quel momento si trovò ad affrontare un conflitto: mentre da una parte il suo piccolo cervello cercava di dedicare risorse a provare dolore e sorpresa per ciò che aveva appena vissuto, dall'altra aveva una voglia matta di contemplarsi nella sua nuova veste di unicorno. La storia, ovviamente, finì con la netta vittoria dell'unicorno ma ciò in cui di erano imbattuti Shawn Achor e sua sorella alla tenera età di soli cinque e sette anni sarebbe diventata, un paio di decenni più tardi, una vera e propria rivoluzione scientifica che ci ha portato a guardare il cervello umano in un modo completamente diverso. Si tratta della psicologia positiva che ci spiega come la chiave per la felicità non sia nell'ambiente che ci circonda ma nella percezione che abbiamo di esso.
Se seguiamo le notizie che leggiamo sui giornali o che vediamo in televisione, ci accorgiamo che si parla per lo più di omicidi, corruzione, malattie, disastri naturali. Dopo anni di esposizione a notizie come queste, il nostro cervello di abitua e sviluppa la "sindrome della scuola di medicina" che porta gli studenti del primo anno del corso di studi per diventare medici a sentirsi addosso tutti i sintomi delle malattie con le quali vengono a contatto.
Questo per dire che non siamo modellati necessariamente dalla realtà ma dall'obiettivo attraverso il quale il nostro cervello osserva il mondo. E se possiamo cambiare l'obiettivo, non solo possiamo cambiare la nostra tendenza ad essere più o meno felici, ma possiamo cambiare anche ogni singolo risultato educativo e professionale che possiamo ottenere.

Un esempio per spiegare meglio la materia di studio della psicologia positiva? E' stato condotto uno studio su alcuni studenti che, grazie alla loro bravura, avevano avuto il privilegio di entrare in alcune delle più prestigiose università americane. Ebbene, dopo poche settimane passate nei campus di quelle scuole così elitarie il loro cervello non era più concentrato sul privilegio di essere lì ma sulla concorrenza con gli altri studenti, sul carico di lavoro, sulle seccature, sulle continue sollecitazioni alle quali studenti di quel livello vengono sottoposti, ecc.

E allora la chiave per comprendere la scienza della felicità è tutta qua. Perché uno studente di Harvard non dovrebbe essere felice? La risposta è semplice ma, allo stesso tempo, terribile: il nostro mondo esterno non è predittivo dei nostri livelli di felicità. Se anche sapessimo tutto dell'ambiente in cui vivono le persone che ci circondano, riusciremmo a prevedere solamente il 10% della loro felicità a lungo termine perché il 90% è legato al modo in cui il nostro cervello elabora il mondo. E se riusciamo a cambiarlo, se cambiamo la nostra formula per la felicità e il successo, possiamo cambiare il modo in cui influenzare la realtà.

Gli psicologi hanno scoperto che solo il 25% dei successi lavorativi è previsto dal quoziente intellettivo di chi li ottiene mentre il restante 75% è legato all'ottimismo con cui si affrontano le sfide, al supporto sociale che circonda una persona, alla capacità di vedere lo stress come una sfida anziché come una minaccia. Dobbiamo, quindi, riuscire a invertire la formula per la felicità e il successo.

La maggior parte delle aziende e delle scuole segue una formula per il successo, che è questa: "Se lavoro di più, avrò più successo. E se avrò più successo, allora sarò più felice". E' in base a questa convinzione che spesso motiviamo il nostro comportamento ma il problema è che scientificamente questa affermazione non funziona per due motivi:

  • ogni volta che il nostro cervello taglia un traguardo, automaticamente cambia obiettivo e alza l'asticella;
  • se leghiamo la felicità al successo, il nostro cervello non ci permetterà mai di essere felice

Il cervello, in effetti, lavora in un modo del tutto opposto a quello che pensiamo. Se si riesce ad aumentare il livello di positività nel presente, allora il nostro cervello sperimenta un vantaggio legato alla felicità e questa positività lo fa funzionare in modo significativamente migliore rispetto a quando è negativo e stressato. La nostra intelligenza aumenta, la nostra creatività cresce, i nostri livelli di energia migliorano.
Un cervello positivo riesce ad essere il 31% più produttivo di un cervello che ragiona negativamente e anche le performance professionali migliorano.

Se riusciamo a trovare un modo per diventare positivi nel presente, allora il nostro cervello funziona con ancora più successo, poiché siamo in grado di lavorare di più, più velocemente e in modo più intelligente. Tutto questo è dovuto alla dopamina che si riversa nel nostro sistema quando siamo positivi e che ha due funzioni: quella di renderci più felici ma anche quella di accendere tutti i centri di apprendimento nel nostro cervello, permettendoci di adattarci al mondo in un modo diverso.

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Si è scoperto che ci sono molti modi per allenare il nostro cervello a diventare più positivo. In soli due minuti di tempo per 21 giorni consecutivi, ad esempio, possiamo portare il nostro cervello a funzionare con maggiore successo. E' il famoso esercizio tanto popolare negli Stati Uniti che consiste nello scrivere tre cose nuove per le quali siamo grati ogni giorno per 21 giorni consecutivi. Al termine di questo periodo il nostro cervello inizierà a "riprogrammarsi" per prestare attenzione alla positività invece che alla negatività. Scrivere tre esperienze positive vissute nelle ultime 24 ore, infatti, ci porta a riviverle e costringe il nostro cervello a superare un modello culturale al quale siamo stati sottoposti fin da piccoli e che ci rende difficile essere davvero felici.

PER SAPERNE DI PIU':

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