LE CERTIFICAZIONI INVERTONO LA ROTTA

di Giorgio Dell'Orefice - Il Sole 24 Ore

L'attenzione delle certificazioni alimentari si sta spostando sul ciclo di lavorazione. Ce ne parla questo articolo pubblicato sul Sole 24 Ore.

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La certificazione alimentare cambia marcia. E dopo un lungo periodo nel quale ha fornito plus diretti a integrare le informazioni al consumatore finale adesso si sta riposizionando per diventare un filtro diretto, soprattutto all'interno della filiera.

Un volàno in grado di offrire garanzie sulle caratteristiche dei prodotti conferiti ai trasformatori o alla distribuzione organizzata (che commercializza utilizzando un marchio proprio) da parte di produttori che non confezionano per il mercato finale.

Un cambiamento a 360 gradi che emerge con chiarezza dalle analisi del Sincert (l'ente di accreditamento degli organismi di certificazione che oggi affianca il ministero per le Politiche agricole nel rilasciare la "patente" necessaria per svolgere l'attività di certificazione).

"Mentre la domanda di certificazione della qualità dei prodotti sta segnando un po' il passo dopo un periodo nel quale, sull'onda delle emergenze alimentari come BSE e influenza aviaria, è cresciuta con ritmi a due cifre - spiega il direttore generale del Sincert, Filippo Trifiletti - sta ora aumentando invece la richiesta di certificazione in base agli standard diretti all'interno della filiera.

Un riposizionamento che vediamo con favore anche perché restiamo convinti che la certificazione dovrebbe essere rivolta più a fornire garanzie sul processo produttivo che a dare un imprimatur sulla sola qualità del prodotto finale".

Gli standard ricercati dalle imprese vanno differenziati a seconda della tipologia di attività. Infatti le certificazioni di qualità (come la ISO 9001) e quelle ambientali (ISO 14001) - alle quali si sono via via affiancati gli standard etici e quelli che certificano la sicurezza sul lavoro - vanno tenute distinte dai cosiddetti certificati "B2B" (come IFS, BRC, EurepGap o GlobalGap).

I primi infatti sono rivolti sono rivolti al consumatore finale mentre i secondi sono i marchi con i quali l'industria di trasformazione e la grande distribuzione organizzata ottengono garanzie sull'affidabilità dei fornitori.

"L'altro elemento decisivo nel far cambiare rotta all'intero sistema delle certificazioni - aggiunge Trifiletti - è poi l'atteggiamento del consumatore che difficilmente ricosce un plus al prodotto certificato".

Secondo una recente indagine realizzata proprio dal Sincert il 31% dei consumatori valuta positivamente le organizzazioni produttive che hanno ottenuto una certificazione di qualità dei prodotti o del sistema produttivo. Ma ben il 43% ha risposto di non sapere se assegnare in base alla certificazione un valore aggiunto all'impresa.

Inoltre, secondo quanto emerge dall'indagine Sincert, sul mercato regna un'estrema confusione. Infatti se il 34% dei consumatori sostiene di conoscere la sigla ISO 9001, solo il 7% la collega alla certificazione di qualità. Allo stesso modo l'11% del campione ha sostenuto di riconoscere la sigla ISO 14001 ma solo il 5% l'ha collegata a un sistema di certificazione ambientale.

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E deludenti sono anche i dati relativi alla conoscenza da parte dei consumatori dei differenti marchi di qualità dei prodotti alimentari. Infatti se ben il 67% del campione sostiene di conoscere i vini a denominazione d'origine controllata (istituiti in Italia fin dai primi anni '60) solo il 28% conoscere la categoria dei vini a denominazione d'origine controllata e garantita (Docg).

Peggio va per i prodotti alimentari a denominazione d'origine protetta (Dop) e a indicazione geografica protetta (Igp). le Dop (in Italia si contano oltre 160 marchi) sono infatti note solo al 41% del campione mentre le 65 Igp sono riconosciute appena dal 20% dei consumatori.

Se da un alto occorre una semplificazione dei marchi e una più netta distinzione far differenti tipologie di certificazione, dall'altro va migliorata la conoscenza dei consumatori altrimenti è difficile che le imprese investano per ottenere una differenziazione detsinata a restare "solo sulla carta".

(Il Sole 24 Ore)

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