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Teoria delle finestre rotte

 
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sly_1982
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MessaggioInviato: Sab Mag 09, 2015 8:10 am    Oggetto: Teoria delle finestre rotte Rispondi citando

La finestra rotta, dall’inglese 'broken window', descrive un comportamento sociale. Se viene spaccata la finestra di un edificio è probabile che ne verrà spaccata un’altra. Se le finestre rotte sono due le probabilità che se ne aggiunga una terza aumentano. Se la finestra è invece riparata, il processo di solito si ferma.
Ovviamente, se applicata "al contrario", la teoria si associa al concetto del "dare il buon esempio". Le persone tendono ad adeguarsi, avvicinarsi, preferire situazioni, persone o luoghi a loro stessi affini e se impossibilitati a scegliere tendono a cambiare per uniformarsi. Per cui creare un ambiente di un certo tipo: con finestre rotte, per esempio, porta la comunità attigua a distruggere, un ambiente invece ben curato porta la comunità (anche quella non naturalmente "curata") a curare l'ambiente che la circonda. Estendendo il concetto ai comportamenti: una persona aggressiva porterà i "vicini" ad essere aggressivi, una costruttiva stimolerà gli altri ad esserlo altrettanto e così via.


Esperimenti sociali
Nel 1969, presso l'Università di Stanford (USA), il professor Philip Zimbardo ha condotto un esperimento di psicologia sociale. Egli lasciò due automobili identiche, stessa marca, modello e colore abbandonate in strada, una nel Bronx, zona povera e conflittuale di New York, l'altra a Palo Alto, zona ricca e tranquilla della California. Quindi due identiche auto abbandonate, due quartieri con popolazioni molto diverse e un team di specialisti in psicologia sociale, a studiare il comportamento delle persone in ciascun sito. Ciò che accadde fu che l'automobile abbandonata nel Bronx cominciò ad essere smantellata in poche ore, perdendo le ruote, il motore, specchi, la radio, ecc...; tutti i materiali che potevano essere utilizzati vennero rubati e quelli non utilizzabili vennero distrutti. Al contrario, l'automobile abbandonata a Palo Alto, rimase intatta. In tali casi è comune attribuire le cause del crimine alla povertà, attribuzione sulla quale si trovano d’accordo le ideologie più conservatrici (sia di destra che di sinistra).
Tuttavia, l'esperimento in questione non terminò così. Infatti, dopo una settimana, quando la vettura abbandonata nel Bronx era stata completamente demolita e quella a Palo Alto era rimasta intatta, i ricercatori decisero di rompere un vetro della vettura a Palo Alto.
I ricercatori assistettero alla stessa dinamica di vandalismo che avevano registrato nel Bronx: furto, violenza e vandalismo ridussero il veicolo nello stesso stato di quello abbandonato nel quartiere malfamato di New York.

Nel 2007 e nel 2008 Kees Keizer e colleghi, all'Università di Groningen, hanno condotto una serie di esperimenti sociali controllati per determinare se l'effetto del disordine esistente (come la presenza di rifiuti o l'imbrattamento da graffiti) avesse aumentato l'incidenza di criminalità aggiuntive come il furto, il degrado o altri comportamenti antisociali. Hanno scelto diversi luoghi urbani successivamente trasformati in due modi diversi ed in tempi diversi.
Nella prima fase "il controllo", il luogo è stato mantenuto ordinato, libero da graffiti, finestre rotte, ecc.
Nella seconda fase "l'esperimento", esattamente lo stesso ambiente è stato trasformato in modo da farlo sembrare di proposito in preda all'incuria e carente di alcun tipo di controllo: sono state rotte le finestre degli edifici, le pareti sono state imbrattate con graffiti ed è stata accumulata sporcizia.
I ricercatori hanno poi segretamente controllato i vari luoghi urbani osservando se le persone si comportavano in modo diverso quando l'ambiente era stato appositamente reso disordinato. I risultati dello studio hanno corroborato la teoria.
La loro conclusione, pubblicata sulla rivista Science, è che:
« Un esempio di disordine, quale i graffiti o i rifiuti, può indubbiamente incoraggiarne altri, come ad esempio il furto. »



Ripubblichiamo qui di seguito, per chi fosse interessato, un articolo firmato dal bravo giornalista italiano Christian Rocca pubblicato su Il Foglio nel 2007:

New York. L’idea della politica di “tolleranza zero” contro la microcriminalità di cui tanto si parla oggi in Italia è nota per essere stata applicata (anche sui lavavetri) dal sindaco di New York, Rudy Giuliani, negli anni Novanta, ma in realtà è stata elaborata a metà degli anni Settanta in New Jersey da un governatore del Partito democratico. Il piano anticriminalità del New Jersey si chiamava “Safe and Clean Neighborhoods Program” e consisteva nel fornire soldi e mezzi alle varie città dello stato per far uscire i poliziotti dalle macchine e dislocarli per strada. In quel testo apparve per la prima volta la definizione “zero tolerance”. La cosa sembrò finire lì. Nel marzo 1982, però, due studiosi neoconservatori del Manhattan Institute, il centro studi newyorchese che diventò la fucina di idee della sindacatura Giuliani, scrissero un articolo sul mensile liberal The Atlantic Monthly a cui fu dato un titolo apparentemente oscuro: “Broken Windows”, “finestre rotte”. La teoria era spiegata così: “Prendete un palazzo con poche finestre rotte. Se le finestre non vengono riparate, i vandali tenderanno a rompere anche le altre finestre. Alla fine, potrebbero anche entrare nel palazzo e, se libero, potrebbero occuparlo oppure dargli fuoco. Considerate anche un marciapiede dove si accumulano i rifiuti. In poco tempo la spazzatura aumenta. La gente comincia anche a lasciarci i sacchetti con i resti del cibo acquistato nei bar”. I due autori sostenevano che la migliore strategia per prevenire gli atti vandalici fosse quella di risolvere i problemi quando erano ancora allo stato embrionale, riparando quelle finestre entro pochi giorni dalla loro rottura e pulendo i marciapiedi regolarmente. In questo modo i problemi non diventano grandi, gli episodi di piccolo vandalismo diminuiscono e i residenti perbene di quei quartieri non progettano di andarsene. Tutto ciò, secondo i due studiosi neocon James Q. Wilson e George L. Kelling, di per sé non avrebbe fatto diminuire il numero dei reati più gravi, ma certamente avrebbe aiutato a ridurne la percezione tra i cittadini. Non è una cosa da niente, non è nemmeno un’operazione di facciata come quando si nasconde la polvere sotto i tappeti. La vitalità di una città dipende esattamente da questo, dal senso di sicurezza percepito dagli abitanti. Una lezione che, riguardo all’Iraq, George Bush ha imparato soltanto da qualche mese. Quell’articolo di Wilson e Kelling del 1982 è diventato il manifesto intellettuale della politica anticriminalità di Giuliani, quando dodici anni dopo l’ex procuratore italoamericano è stato eletto sindaco di New York. A questo approccio, Giuliani ha aggiunto un sistema computerizzato di monitoraggio e controllo delle denunce dei reati e delle conseguenti attività di polizia chiamato Compstat, oggi usato quasi ovunque. Il metodo statistico ha consentito ai veritici della polizia di individuare con certezza le zone dove si commettevano con più frequenza i reati e di modulare di conseguenza la risposta preventiva o repressiva della città. Il sistema, inoltre, ha permesso di delegare quasi integralmente la gestione delle attività di polizia ai comandanti delle piccole stazioni di quartiere, le cui performance sono poi valutate in base a risultati oggettivi. Giuliani ha fatto un’altra cosa, promessa anch’essa in campagna elettorale e sostenuta a livello federale da Bill Clinton: ha tolto l’assistenza pubblica a mezzo milione di persone che, grazie ai sussidi, si poteva permettere di non lavorare e si dedicava a piccoli o grandi atti di vandalismo. I poliziotti di Giuliani non davano tregua ai ragazzi sfaccendati dei quartieri più pericolosi, fino ai limiti del mobbing, costringendoli infine a cercare e trovare lavoro. Secondo un articolo di Repubblica di ieri, i tagli al welfare sono stati il prezzo pagato dalla città per avere più poliziotti per strada, ma in realtà il taglio dell’assistenza sociale è stato uno dei pilastri della politica di tolleranza zero promessa da Giuliani. Nel 1993, inoltre, New York era una città considerata unanimemente “ingovernabile” e “senza speranza”, proprio a causa della piccola e grande criminalità (secondo Repubblica, invece, non era messa poi così male). Tra il 1990 e il 1993, di media, si contavano oltre 2.000 omicidi l’anno, interi quartieri erano infrequentabili, la gente aveva paura. New York era in fondo a tutte le statistiche del paese. La polizia newyorchese, anche per evitare accuse di razzismo, aveva smesso di punire o prevenire i piccoli comportamenti sociali definiti burocraticamente “disordinati” e, di fatto, aveva decriminalizzato i cosiddetti “reati senza vittime”. Eppure era evidente che i reati gravi si moltiplicavano proprio dove regnava il disordine sociale. I newyorchesi che se lo potevano permettere cominciarono a scappare nei sobborghi o altrove, 340 mila posti di lavoro, in quel periodo, sono scomparsi o si sono trasferiti. Giuliani aveva un passato da procuratore antimafia e collaboratore di Ronald Reagan. Si è presentato alle elezioni con uno slogan “One city, one standard”, promettendo di ridurre il crimine, di riformare il welfare state e di migliorare la qualità della vita. I newyorchesi erano e sono a stragrande maggioranza liberal, ma erano anche stanchi e insoddisfatti della loro qualità di vita, così gli hanno affidato le chiavi di City Hall. Quattro anni dopo, Giuliani è stato rieletto con il 57 per cento dei voti. Durante i suoi anni, grazie anche alle qualità del capo della polizia, William Bratton, i reati violenti sono diminuiti del 75 per cento, i crimini in generale del 56 per cento, gli omicidi del 66 e quella che fino a pochi anni prima era stata definita “la capitale criminale del paese” è diventata, secondo l’Fbi, la metropoli più sicura d’America. Non solo. Il trend positivo dura ormai da diciassette anni e l’impatto della criminalità sulla città è pari a quello registrato in una piccola cittadina dell’Idaho, Boise. Giuliani ha messo in pratica la teoria delle “broken windows”, più la riforma del welfare e il controllo statistico del crimine, scatenando i poliziotti in giro per la città. La tolleranza zero è scattata in particolare nel modo più spettacolare possibile, contro chi non pagava il biglietto della metropolitana, contro chi urinava per strada, contro la prostituzione a Times Square e anche nei confronti degli “squeegee men”, ovvero i lavavetri che fermavano le macchine ai semafori pretendendo in cambio qualche spicciolo. Poi è toccato ai tassisti che superavano i limiti di velocità e ai pedoni che attraversavano la strada con il semaforo rosso. La polizia si faceva sentire. I metodi erano spesso ruvidi e arroganti, tanto che Giuliani e il Dipartimento di polizia hanno dovuto affrontare oltre settantamila cause intentate da cittadini perquisiti o fermati dai “cops”. Ci sono stati anche casi in cui la brutalità dei poliziotti ha portato all’uccisione di un cittadino innocente e disarmato, Amadou Diallo, con 41 colpi di pistola. Nei salotti di Manhattan, ha scritto Matt Bai sul New York Times Magazine che uscirà domenica prossima, di Giuliani si dicevano le peggiori cose e non mancava mai l’accusa di adoperare metodi fascisti, ma in realtà dormivano tutti molto più tranquilli sapendo che c’era lui a combattere contro i demoni della città. Quella partita è stata vinta e, ora, l’ex sindaco punta proprio su questa sua innata predisposizione alla battaglia per convincere gli americani a farsi guidare da lui nella guerra contro l’islamismo terrorista. I critici dell’era Giuliani sostengono che la diminuzione dei crimini sia da attribuire all’aumento del numero dei poliziotti, deciso dal predecessore democratico David Dinkins, alla legge anticrimine di Clinton e al boom economico che ha contribuito a far trovare lavoro ai disoccupati. Negli stessi anni, inoltre, proprio per queste stesse ragioni, il numero dei reati è diminuito in tutti gli Stati Uniti. Giuliani non lo nega, ma ricorda che il numero di reati a New York è sceso sette o otto volte più della media americana.
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MessaggioInviato: Lun Mag 11, 2015 8:30 am    Oggetto: Rispondi citando

E' una teoria che mi sta molto a cuore e che ho sempre trovato estremamente interessante.
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MessaggioInviato: Lun Mag 11, 2015 9:04 am    Oggetto: Rispondi citando

Trovo che le conclusioni siano abbastanza di parte.
E' un agire sugli effetti, ma non sulle cause.
Si contrastano i crimini più visibili, quelli che infastidiscono il ceto medio alto. Chiederei ai poveri divenuti ancora più poveri, se vivono meglio.
Ultimamente però c'è un clima di tensione e violenza che sembra evidenziare una cura esteriore ed aspetti "collaterali" della stessa cura.

Questo per dire che la sola idea del "dare l'esempio" costretto con la forza senza cercare di risolvere altri problemi forse non è la soluzione migliore.
Diseguaglianze sociali ed economiche marcate ad esempio.
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MessaggioInviato: Lun Mag 11, 2015 9:52 am    Oggetto: Rispondi citando

Guerra ha scritto:
E' un agire sugli effetti, ma non sulle cause.


E' solamente uno dei modi possibili per affrontare il problema e di sicuro non può essere l'unico.

Possono essere causa di un comportamento antisociale anche gli ambienti trascurati, dove tutto fa schifo e ti sembra di non poter fare la differenza perché sei una goccia in un oceano.

Guerra ha scritto:
Si contrastano i crimini più visibili, quelli che infastidiscono il ceto medio alto.


No, non si tratta di questo. Si tratta di eliminare, là dove sia possibile con un piccolo sforzo, il crimine "stupido" dettato semplicemente dal fatto di vivere in un ambiente in cui a nessuno importa niente di nulla.
Se c'è già una finestra rotta, il secondo vetro in frantumi non può essere così grave, no?

Guerra ha scritto:
Chiederei ai poveri divenuti ancora più poveri, se vivono meglio.


Di sicuro non diventano più poveri perché qualcuno cerca di migliorare l'ambiente in cui vivono. Comunque sì, credo che anche questo sia importante per vivere bene. E' la piramide di Maslow: se muori di fame poco ti importa che il mondo attorno a te cada a pezzi ma non si vive solamente di pane e salame. Certo, perché la cosa funzioni i bisogni elementari devono essere soddisfatti, su questo siamo d'accordo.

Guerra ha scritto:
la sola idea del "dare l'esempio" costretto con la forza


E' esattamente il contrario. Si cerca l'emulazione del buon esempio e delle buone pratiche senza alcuna costrizione.
Se vivi in un quartiere pulito, forse ci penserai qualche secondo di più prima di sporcarlo e, col tempo, capirai che vivi meglio se attorno a te c'è meno schifo e forse contribuirai a tutto questo.
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MessaggioInviato: Lun Mag 11, 2015 10:06 am    Oggetto: Rispondi citando

E' per me un campo minato questa discussione. Volevo starmene alla larga, ma poi ho cercato di dire e non dire.

Ste ha scritto:
E' esattamente il contrario. Si cerca l'emulazione del buon esempio e delle buone pratiche senza alcuna costrizione.

Non mi sembra l'esempio di NY tenda verso l'accetazione volontaria senza costrizione del buon esempio.

Ste ha scritto:
Si tratta di eliminare, là dove sia possibile con un piccolo sforzo

Citazione:
ha tolto l’assistenza pubblica a mezzo milione di persone che, grazie ai sussidi, si poteva permettere di non lavorare e si dedicava a piccoli o grandi atti di vandalismo

Fai divenire un "diritto" un privilegio per pochi. Il fine giustifica i mezzi.
Li obblighi a trovare un lavoro; sembra anche una bella cosa in fin dei conti.
A me sembra una politica per i cittadini ricchi; i benefici ai poveri servono indirettamente ai ricchi.

Posso condividere in linea di principio il metodo; l'applicazione che segue come esempio mi lascia perplesso.
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MessaggioInviato: Lun Mag 11, 2015 10:08 am    Oggetto: Rispondi citando

Guerra ha scritto:
E' per me un campo minato questa discussione. Volevo starmene alla larga, ma poi ho cercato di dire e non dire.



Da oggi lo puoi aggiungere alla lista degli argomenti di cui non parli sui forum... Wink
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MessaggioInviato: Lun Mag 11, 2015 10:20 am    Oggetto: Rispondi citando

Guerra ha scritto:
E' per me un campo minato questa discussione. Volevo starmene alla larga, ma poi ho cercato di dire e non dire.


Boh, non capisco perché non se ne possa parlare con serenità.
Wikipedia spiega molto semplicemente in cosa consista la teoria e, francamente, mi risulta difficile non essere d'accordo.

Guerra ha scritto:
Non mi sembra l'esempio di NY tenda verso l'accetazione volontaria senza costrizione del buon esempio.


No, sicuramente, ma non è che una teoria diventi sbagliata perché è stata applicata male o parzialmente o per ottenere altri benefici come, ad esempio, un ritorno di immagine.

Citazione:
ha tolto l’assistenza pubblica a mezzo milione di persone che, grazie ai sussidi, si poteva permettere di non lavorare e si dedicava a piccoli o grandi atti di vandalismo


Se è vero e se questo è stato fatto per mettere in pratica questa teoria, è ovviamente sbagliato.

Guerra ha scritto:
Posso condividere in linea di principio il metodo; l'applicazione che segue come esempio mi lascia perplesso.


Su questo hai ragione. Non so nulla di come sia stata applicata la cosa nello specifico a New York ma questi esperimenti sociali mi piacciono e credo possano funzionare davvero se fatti nel modo giusto. Non è un mistero che le periferie degradate favoriscano comportamenti scorretti.
Giuliani mi piace pochissimo ma bisogna anche dire che si è trovato a gestire una realtà estremamente complicata. Altro che finestre rotte!
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MessaggioInviato: Lun Mag 11, 2015 10:31 am    Oggetto: Rispondi citando

Mi sono spiegato male allora.
Parlavo non del metodo, ma dell'esempio.
E' dell'esempio sempre che non volevo parlare; si entra facilmente in politica (argomento già presente nella lista nera).
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MessaggioInviato: Lun Mag 11, 2015 10:43 am    Oggetto: Rispondi citando

Guerra ha scritto:
Parlavo non del metodo, ma dell'esempio.


Guarda, conoscendo la teoria io l'esempio riportato da Sly non l'ho nemmeno letto. L'ho fatto dopo e, tra l'altro, fidandomi pochissimo del giornale da cui è tratto l'articolo. Mad

Non male la teoria che i tagli al welfare portino a città più sicure. Ma per favore! Evil or Very Mad
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MessaggioInviato: Lun Mag 11, 2015 1:00 pm    Oggetto: Rispondi citando

Anch'io non ho letto l'articolo: davvero troppo lungo e non mi va, per principio, di leggere articoli troppo lunghi durante l'orario di lavoro...
...d'accordo che considero Qualitiamo ed il Forum come "formazione" e quindi ritengo corretto dedicare del tempo durante l'orario lavorativo ma articoli di giornale troppo prolissi e su temi non tecnici mi fanno sentire "più in colpa" e allora ne rimando la lettura a quando avrò tempo fuori dall'orario di lavoro (cioè mai).

Detto ciò, sposo in linea di principio la teoria dell'esempio positivo.
Lasciare sudiciume in un luogo mantenuto costantemente pulito ti dà un senso di colpa tale che occorre avere davvero una scarsissima sensibilità per non preoccuparsene.

Certo non è la cura di tutti i mali ma secondo me vale molto.
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Guerra
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MessaggioInviato: Lun Mag 11, 2015 1:36 pm    Oggetto: Rispondi citando

Buttare una carta per terra, dove non ve ne sono crea un senso di colpa maggiore che gettarla in un terreno con altre carte.
Una persona educata non lo fa in entrambi i casi. Una persona che non si pone il problema (se sia giusto/corretto/educato/...) getta la carta in entrambi i casi.
Credo però che la teoria necessiti di condizioni preliminari, che se non presenti inlfuenzeranno negativamente il risultato.
Questo il mio pensiero.
La teoria è valida, ma va aiutata.
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MessaggioInviato: Lun Mag 11, 2015 2:07 pm    Oggetto: Rispondi citando

Guerra ha scritto:
Buttare una carta per terra, dove non ve ne sono crea un senso di colpa maggiore che gettarla in un terreno con altre carte.
Una persona educata non lo fa in entrambi i casi.

Concordo.

Guerra ha scritto:
Una persona che non si pone il problema (se sia giusto/corretto/educato/...) getta la carta in entrambi i casi.

Qui non sono d'accordo.
Beh gli "estremisti" della maleducazione certamente sì, tuttavia credo che "mediamente" le persone siano influenzate dall'ambiente e quindi secondo me il "medio-man" di turno non butterebbe la carta a terra in un ambiente costantemente lindo, circondato da persone educate, etc..

Io credo che "la bellezza" sia coinvolgente.

Guerra ha scritto:
La teoria è valida, ma va aiutata.

Sì concordo, mi sembra questa la chiave di lettura giusta.
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MessaggioInviato: Lun Mag 11, 2015 2:11 pm    Oggetto: Rispondi citando

E' il "medio-man" che è la sintesi delle condizioni preliminari di cui parlavo.
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MessaggioInviato: Lun Mag 11, 2015 2:15 pm    Oggetto: Rispondi citando

Quality ha scritto:
Io credo che "la bellezza" sia coinvolgente.


Sono d'accordo e non avrei potuto dirlo in un modo migliore.
E' proprio questa la base della teoria. annuisce1
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MessaggioInviato: Lun Mag 11, 2015 2:19 pm    Oggetto: Rispondi citando

Nella teoria si parla di "emulazione".
Io invece mi spingerei sino alla educazione: educare le persone.
Per farlo non devi solo impedir loro di gettare le carte, ma spiegargli perchè è bene non gettarle.
Educare alla bellezza si può; è qualcosa di diverso dal coinvolgere, anche se poi ne diviene una conseguenza il coinvolgimento.
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