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Riflessioni di un head hunter sulla PMI

 
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Autore Messaggio
QualitiAmo - Stefania
Moderatore


Registrato: 16/09/07 18:37
Messaggi: 26589

MessaggioInviato: Lun Mar 19, 2012 3:08 pm    Oggetto: Riflessioni di un head hunter sulla PMI Rispondi citando

Sull'ultimo numero della rivista: "Il Dirigente" ho trovato le riflessioni di un head hunter. Cosa ne pensate?

Negli ultimi mesi mi è capitato di
partecipare ad alcuni eventi sul
tema organizzazione e management
nel corso dei quali due professori
universitari, di diversa
estrazione, hanno affermato: «Conosciamo
ancora poco o niente
della media impresa italiana, con
la sua originalità di modelli organizzativi
e di sviluppo che invece la
scienza manageriale affronta a
partire dagli schemi della grande
impresa internazionale, peraltro
non sempre risultati di successo».

In questo momento di mercato
del lavoro non facile, in cui una
parte significativa della domanda
proviene dalla media impresa
(le grandi sembrano ancora in
fase di ristrutturazione, contenimento
costi e in generale ancora
“in attesa”), vale forse la pena
cercare di capirne di più, partendo
come sempre dall’angolo
di visuale operativo e pragmatico
di chi per mestiere si trova ad
affrontare queste problematiche,
senza la presunzione di inventare
nuove scienze manageriali
dedicate alla pmi.

Anche se nel vissuto di molti dei
manager che incontro la media
impresa italiana non è più una
soluzione di ripiego, come accadeva
fino ad alcuni anni fa, mi
sembra che ancora oggi vi sia un
approccio del tipo “vengo per
insegnarti come si fa” e che nell’approfondire
i possibili contenuti
del ruolo eventualmente
proposto si tenda ad andare più
alla scoperta di aree di miglioramento
o di ottimizzazione che
alla ricerca della comprensione
della realtà di cui si parla, dei
suoi fattori specifici di successo,
dei valori su cui si basa, delle
strategie talvolta non esplicitate
ma sempre presenti nell’imprenditore
e infine delle aspettative
derivate dall’ingresso di un nuovo
manager, anch’esse non sempre
predefinite.

Questo atteggiamento è in profondo
contrasto con la prima
grande caratterizzazione delle
pmi: la numerosità e la diversità
delle loro “cifre identitarie”, la
cui originalità e non riconducibilità
agli schemi
è una ricchezza e
non una debolezza, con le conseguenti
difficoltà di codifiche e
inquadramenti in categorie spesso
derivanti dalle “regole” di
scienze manageriali nate e sviluppate
altrove.

Nel caso di richiesta da parte del
datore di lavoro di trasferimento
nella stessa città dell’azienda
, il
candidato sostiene che lo stesso
equivale a un pendolarismo (“garantisco
comunque la presenza,
no?”), ignorando che quasi sempre
le pmi hanno un legame molto
forte con il territorio e che questo
legame è uno dei valori fondamentali
dell’impresa ed è vissuto
come tale dall’imprenditore.

La commistione fra componente
strategica e operativa del lavoro
è un’altra delle caratteristiche
spesso frequenti nella pmi guidata
dall’imprenditore e che altrettanto
spesso viene interpretata
dal manager come “mancanza di
capacità di delega” e “accentramento”,
dimenticando che forse
questo modo di lavorare nelle imprese
di successo può anche significare
che l’imprenditore ha un’integrazione di competenze
che gli garantiscono la padronanza
del suo business, della concorrenza,
dell’ambiente socio-economico
di riferimento, delle possibili
evoluzioni: questo può consentirgli
maggiore capacità decisionale
e immediatezza di reazione,
ambedue requisiti divenuti essenziali
con i ritmi attuali.

Altro commento critico che sento
spesso dal professionista abituato
ai meccanismi di pianificazione
rigorosi (o rigidi?) della grande
multinazionale
: «Si fanno le strategie
e poi il padrone cambia
idea». Può essere una critica legittima,
ma questo modus operandi
può anche significare che al vertice
c’è un imprenditore illuminato,
che sa cogliere l’opportunità
quando si presenta: non dimentichiamo
che l’impresa non si basa
solo sulle regole ma anche sull’intuito
e sull’innovazione!

Nella pmi le qualità umane dei manager
(quelle che oggi alcuni chiamano
life skill) sono mediamente
molto più importanti delle componenti
tecnico-professionali: il bicchiere
mezzo vuoto dice che non si
sa riconoscere la competenza e che
le valutazioni delle performance
sono troppo personalistiche, soggettive
e quindi non corrette, quello
mezzo pieno che il manager è visto
come persona nella sua interezza,
in un contesto dove la partecipazione
e la condivisione sono ritenuti
primari fattori di successo
(spesso ci si dimentica che in queste
imprese il riferimento primario
è quello familiare, con i suoi punti
di forza e di debolezza!)
.

Io sono leggermente perplessa e ho evidenziato i punti che (più di altri) hanno scatenato la mia incredulità.

Voi che ne dite?
_________________
Stefania - Staff di QualitiAmo

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Paoloruffatti
Yoda


Registrato: 26/07/08 11:05
Messaggi: 4071

MessaggioInviato: Lun Mar 19, 2012 6:02 pm    Oggetto: Rispondi citando

...... anche secondo me questo cacciatore di teste, dovrebbe per prima cosa chiarirsi le poche idee che ha in testa (scusa se sono così drastico, ma quando cce vò, cce vo!)

Ci sarebbe da confutare le sue idee una a una.
Non saprei neanche da dove cominciare; fa mica parte di quei venditori di fumo che si riempiono la bocca di grandi parole e nascondono dietro a concetti contorti la loro completa ignoranza di principi di organizzazione (non dico di metodi perchè non è nemmeno il suo mestiere)?.

Lui parla di concetti vecchi e nuovi: ha ragione, ma salvare come "ricchezza" o "originalità e non riconducibilità agli schemi" il casino che quotidianamente fanno decine di padroni "illuminati" che ho trovato sulla mia strada, quando mandano a carte 48 una programmazione (giusta o sbagliata che sia) solo per favorire un cliente "amico", scontentando tutti gli altri.... beh! allora la spara troppo grossa!.

Intendiamoci bene: il padrone può fare quel che vuole a casa sua, ma se si degnasse di farsi dire che cosa succede nella pianificazione quando butta le bombe a grappolo senza dare la minima spiegazione ai suoi collaboratori e/o curarsi degli effetti che provoca, capirebbe ed agirebbe in modo completamente diverso.

Così potrebbe toccare con mano l'aumento di utile cospicuo che sta buttando al vento, (compresa la perdita di qualche cliente), invece a lui basta fare i cavoli suoi e se ne frega di che cosa pensano di lui i sui clienti e soprattutto i suoi collaboratori (tanto io c'ho la Cayenne!)

..... e poi si lamentano che "la gente non ha amore per l'azienda, non dialoga, non sa fare squadra...."
Allora se è un illuminato, capisce e ....... manda i suoi ai corsi sulla delega e l'empowerment !!! (lui non si degna di andare a questi corsi perchè queste cose ce le ha nel DNA come scienza infusa)!

Smetto se no incappello l'head hunter, tanto che per ritrovare la sua testa ci sarebbe da ravanare un pezzo tra le costole e le tibie.

Ciao Ste.

.... Paolo l'equilibrato!
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Registrato: 31/10/08 17:43
Messaggi: 2750

MessaggioInviato: Mar Mar 20, 2012 8:07 pm    Oggetto: Re: Riflessioni di un head hunter sulla PMI Rispondi citando

QualitiAmo - Stefania ha scritto:
Sull'ultimo numero della rivista: "Il Dirigente" ho trovato le riflessioni di un head hunter. Cosa ne pensate?
....
Nel caso di richiesta da parte del datore di lavoro di trasferimento nella stessa città dell’azienda, il candidato sostiene che lo stesso equivale a un pendolarismo (“garantisco comunque la presenza, no?”), ignorando che quasi sempre le pmi hanno un legame molto forte con il territorio e che questo legame è uno dei valori fondamentali dell’impresa ed è vissuto come tale dall’imprenditore.
....
Voi che ne dite?


i motivi della richiesta di trasferimento sono essenzialmente due:
a) la disponibilità maggiore a fare straordinario
b) un dipendente che ha casa vicino all'azienda è più "stabile" e meno propenso ad andarsene in caso di mancata crescita della remunerazione /carriera

del territorio proprio non si interessa altrimenti avrebbe assunto qualcuno del luogo o avrebbe fatto crescere qualche dipendente del luogo
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