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Gli operai perfetti di Toyota City

 
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Autore Messaggio
QualitiAmo - Stefania
Moderatore


Registrato: 16/09/07 18:37
Messaggi: 26589

MessaggioInviato: Gio Gen 13, 2011 4:20 pm    Oggetto: Gli operai perfetti di Toyota City Rispondi citando

Sto leggendo un articolo estremamente interessante tratto dall'Internazionale. Purtroppo non ho trovato il link da nessuna parte e non posso riportarvi l'intero testo per ovvi problemi di copyright. Mi limiterò, dunque, a segnalarvi i passi che mi hanno colpito di più.
C'è di che essere davvero tristi...

(Fonte: L'Internazionale)

Nata come città per i dipendenti dell’azienda
automobilistica numero uno al mondo, Toyota
City è stata pensata in ogni minimo dettaglio.
Le strade, i trasporti, i negozi e gli orari: tutto è in
funzione della produttività. Ma in tempi di crisi
il modello mostra le prime crepe

--------------------------

Tadao Wakatsuki ha dedicato
la sua vita alla Toyota ed
è libero solo da poche ore.
È il suo primo giorno di
pensione, il primo giorno
fuori dall’azienda. Vive a
Toyota City, culla di un modello di organizzazione
del lavoro noto come esempio di
efficienza, qualità e innovazione.

(...)

Tra i negozi di
lusso e i ciliegi in iore Tadao, 60 anni, esibisce
il suo cartellone: “Toyota, basta buttar
via i dipendenti che hai sfruttato”.

(...)

“Gli abitanti non fanno che lavorare,
sono troppo stanchi per uscire”, osserva
il neo pensionato. Qualche giorno dopo Tadao
ci dà appuntamento in uno dei numerosi
parcheggi della città. Come al solito i suoi capelli sale e pepe sono perfettamente
pettinati. Ci ha pensato ed è d’accordo: mi
porterà nella sua ex fabbrica.
Dietro i vetri le strade scorrono monotone
e tristi: ile di cubi grigi, saracinesche di
negozi spesso abbassate, marciapiedi vuoti,
auto nuove che camminano silenziose. E
un mantra onnipresente, una scritta che si
ripete in continuazione: “Scuola Toyota”,
“Garage Toyota”, “Poste Toyota”, “Ospedale
Toyota” e così via. Azienda, città e paesaggio,
Toyota è un tutt’uno indissociabile,
pensato e meditato in nel minimo dettaglio.
“I trasporti pubblici sono stati poco
sviluppati di proposito. Qui la vita senza
macchina è un inferno”, osserva Tadao.

(...)

Tadao ha lavorato qui
per 45 anni nel reparto assemblaggio.

(...)

Tadao parcheggia la macchina – una Toyota,
ovviamente – e va verso l’ingresso. Si
avvicina alle telecamere dei vigilantes,
guarda a sinistra, a destra e si assicura che
nessuno si avvicini. Poi, di scatto, si gira di
90 gradi in modo secco e preciso. “È così
che bisogna spostarsi nelle fabbriche. È una
delle regole del ‘codice Toyota’”. Rispettato
da tutti, il codice regola ogni minuto della
vita dei dipendenti. Tutti sono obbligati a
tenere le mani fuori dalle tasche, a lasciare
acceso giorno e notte il cellulare, a chiedere
l’autorizzazione di un superiore per andare
in bagno, ad aspettare di essere sostituito
per andarci, a rilettere a casa su come migliorare
la produzione e così via. “Quando
mi sono sposato, l’azienda ha vietato ad alcuni
colleghi di venire al matrimonio”, ricorda.
“La volontà di diventare il numero
uno mondiale a tutti i costi ha rovinato il sistema”.

(...)

Al suo arrivo sul pianeta Toyota Tadao
aveva vent’anni, pochi bagagli e molte illusioni.

(...)

Attratto dalla promessa di un posto di lavoro
stabile e di un buono stipendio, si trasferì
a Toyota City nel 1965. Il Giappone era uscito
sconfitto e impoverito dalla seconda
guerra mondiale, ed era in piena ricostruzione.
La Toyota voleva misurarsi con i giganti
automobilistici statunitensi. Kiichiro
Toyoda, il iglio del fondatore dell’azienda,
riconvertì la fabbrica di telai meccanici di
famiglia. Uomo curioso e viaggiatore, Toyoda
aveva letto gli scritti di Henry Ford e
immaginò, con l’ingegnere Taiichi Ohno,
una nuova forma di organizzazione del lavoro,
il toyotismo.
Per aumentare i proitti e la produttività,
Ford aveva sviluppato il lavoro alla catena
di montaggio in modo da razionalizzare i
costi della manodopera. Toyoda spinse il
sistema ino ai suoi estremi. Scelse di adattarsi
costantemente alla domanda, cioè di
produrre a lusso continuo, senza fare scorte
e con un numero ridotto di operai. Il principio
di base è il lean manufacturing, la “produzione
snella”. La sua forza sta nell’agire
nello stesso tempo sul corpo e sull’animo
dei dipendenti, chiamati a migliorare continuamente
la loro produttività.

(...)

Ma la vera vetrina del marchio Toyota
sono gli stabilimenti. Le catene di montagragazgio
hanno raggiunto un alto livello di precisione.
Da tutto il mondo capi di stato e grandi
imprenditori venivano a vedere questo
sistema organizzativo, come fedeli in pellegrinaggio,
per riprodurlo o copiarlo.

(...)

È durante questa ascesa del toyotismo che
Tadao ha cominciato la sua “rivoluzione”:
“La quantità è stata raggiunta a scapito della
qualità dei prodotti e della salute dei dipendenti.
Non si può ridurre la progettazione
di un veicolo da 32 mesi a un anno senza
conseguenze”.

(...)

A Toyota City non c’è bisogno di striscioni
né di ritratti celebrativi. La piovra
controlla tutto, perino gli orari di alcuni
negozi, regolati su quelli delle fabbriche.
Attraverso le sue iliali, l’impresa vende anche
prodotti alimentari nei supermercati,
organizza matrimoni e funerali. Con i pugni
chiusi, la statua di bronzo di Kiichiro Toyoda
vigila sui deputati locali.

(...)

Il richiamo di milioni di veicoli difettosi nel
2010 ha fatto diminuire ulteriormente le
vendite. Per la prima volta il presidente della
camera di commercio – fratello maggiore
di un ex presidente dell’azienda – ha lanciato
una campagna pubblicitaria per elogiare
i pregi delle auto Toyota.

(...)


(ora parla l'autore dell'articolo)

Questa città mi incuriosiva, ma sono
rimasto sorpreso: sembra quasi che gli
abitanti siano in punizione”.

Il pullman con la scritta “Toyota” attraversa
il centro, sempre triste e intasato. Al microfono
una ragazza con un sorriso stampato
sul volto recita la genesi dell’impresa: “Il
fondatore si chiama Toyoda. Significa
‘campo dell’abbondanza’”. Ci portano nel
più grande sito di assemblaggio del gruppo:
binari moderni, scheletri di vetture, carrelli
e bip-bip a perdita d’occhio. Eppure non si
sente una parola. Occhi bassi sulla catena
di montaggio, migliaia di uomini e donne
avvitano, martellano e montano in pochi secondi. In guanti bianchi, alcuni accarezzano
una carrozzeria dopo l’altra per controllare
le imperfezioni. In caso di ritardo
spingono un pulsante collegato a uno schermo
gigante, dove sono visualizzati i numeri
delle postazioni. La guida: “I nostri operai
praticano il kaizen, un metodo molto eicace
di gestione della qualità. Sono incitati a
rilettere per proporre dei miglioramenti”.

Da una seconda fabbrica proviene un
odore acre. Allineati uno accanto all’altro,
decine di robot saldano rumorosamente
delle carcasse di vetture. La quintessenza
del toyotismo: non c’è alcun essere umano,
sono tutti scomparsi. Il centro della città è
molto simile. I luoghi pubblici, funzionali e
senza vita, sono frequentati lo stretto necessario.
Gli abitanti si precipitano in macchina,
come se fosse questione di vita o di
morte. In una mensa, quattro dirigenti sono
immersi nei loro manga. La pausa pranzo è
breve, millimetrica, si scusano. “Avrà diicoltà
a ottenere informazioni sulla Toyota”,
dice il cuoco. “Gli abitanti sono troppo legati
all’azienda”.

(...)


(torna a parlare l'ex dipendente Toyota)

“La Toyota ha inventato la soferenza
sul lavoro. Denunciare la sua filosofia fa
parte dei princìpi che hanno guidato la mia
vita. E non ho ceduto, nonostante le pressioni
e le minacce”.

(...)

Mentre mangia spiega che la Toyota non ha
smesso di raforzare la sua struttura piramidale.
In alto la direzione centralizzata, in
mezzo i dipendenti privilegiati, in basso un
vivaio di precari. “Nelle fabbriche più del
40 per cento dei lavoratori sono precari. Più
si scende nella lista dei fornitori, più i contratti
sono precari”.

(...)


(parla un altro dipendente Toyota)

Shigeyuki si piega
alle necessità dell’impresa, pratica il kaizen
e il takt time, il ritmo di produzione ottimale
per adeguarsi agli ordini. Questo ritmo – la
parola takt indica in tedesco la “misura” – lo
accompagna in fabbrica e lo segue ino a
casa. Spesso nei sogni cerca il modo migliore
per “eliminare gli sprechi”. Di recente i
suoi premi sono stati ridotti e lui ha dovuto
prendere una settimana di vacanza, ma
crede ancora nel successo collettivo.

(...)

“La Toyota ci dà un
alloggio, ci educa, ci dice come comportarci,
come se fossimo dei bambini”.

(...)

La Toyota ci fornisce il minimo
indispensabile, come se riconoscesse più
valore alle macchine che agli uomini”. L’ingegnere
prende una pila di libri ammucchiati
sulla mensola: Il miracolo Toyota, Il
management Toyota, Il sistema Toyota. “Tutti
i dipendenti devono conoscerli”.

(...)

Ritrovo Tadao, occupatissimo nell’organizzare
proteste e inventare nuovi slogan.
Il suo cartellone è riposto in un angolo,
ma anche lui è iducioso. L’altro giorno,
per la prima volta, davanti alla fabbrica un
dipendente ha osato prendere un volantino.

(...)

_________________
Stefania - Staff di QualitiAmo

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MessaggioInviato: Ven Gen 14, 2011 1:18 pm    Oggetto: Rispondi citando

Molto interessante.
Consiglio a tutti di leggere "Giorni Giapponesi" di Angela Terzani Staude
_________________
Portello
Più è semplice, meglio è
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QualitiAmo - Stefania
Moderatore


Registrato: 16/09/07 18:37
Messaggi: 26589

MessaggioInviato: Ven Gen 14, 2011 2:59 pm    Oggetto: Rispondi citando

Lo farò sicuramente, Portello, grazie.
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